
La doppia morte degli indigeni wayuu, di Ana Cristina Vargas
Per i wayuu la morte fisica e la morte sociale sono due cose diverse. La permanenza, per questo popolo, è saldamente ancorata alla memoria: tramandare il ricordo di chi muore è l’unico modo per prolungare l’esistenza e per preservare la presenza simbolica dei defunti. Lo spirito muore quando nessuno tra i vivi ricorda più quella particolare persona.
Cosa ne pensate di questo modo di coltivare la memoria e di permettere l'oblio?

I riti funebri e il Covid, intervista a Cristina Vargas, di Marina Sozzi
Abbiamo intervistato l'antropologa Cristina Vargas chiedendole come pensa siano cambiati i riti funebri in epoca Covid. Cosa pensate di questa lettura del fenomeno? Avete notato altre trasformazioni?

La mappatura digitale dei cimiteri, di Davide Sisto
La mappatura digitale dei cimiteri amplia la possibilità di conservare la memoria di chi non c’è più, senza nulla togliere al piacere individuale di recarsi a far visita fisicamente ai propri cari nel singolo cimitero locale. Voi, cosa ne pensate? Attendiamo, come sempre, i vostri commenti.

Formazione tanatologica e Covid-19. Intervista a Maria Angela Gelati, di Davide Sisto
Abbiamo intervistato Maria Angela Gelati, che si occupa da vari anni di formazione degli operatori funebri. Le abbiamo chiesto come sia cambiata la formazione degli operatori durante il Covid.

I funerali in streaming nel mondo non occidentale, di Davide Sisto
L’integrazione tra mondo online e mondo offline obbliga a riflettere sul mutamento ritualistico in corso. Solo così, riusciremo a evitare gli effetti più negativi dell'invasività tecnologica (la distanza, la solitudine, l’assenza), mettendo a frutto il nuovo modo di stare al mondo.
Voi cosa ne pensate? Attendiamo i vostri commenti e le vostre esperienze.

Uniti nelle diversità. I riti funebri degli altri, di Marina Sozzi
L’addio ai propri defunti con il sostegno e la partecipazione della comunità conta, e qualora se ne sia privati, non solo manca, ma destabilizza, angoscia.
Per questo dobbiamo far tesoro della nostra triste esperienza col Covid e riconoscere, oggi più che in passato, il diritto per tutte le comunità residenti sul nostro territorio, ma diverse per usanze o religione, di svolgere i riti della propria tradizione. Siete d’accordo? Cosa pensate in proposito? Avete mai assistito a riti di tradizioni religiose diverse dalla vostra?

I riti funebri e la pandemia, di Marina Sozzi
La mancanza di un rito funebre e l'impossibilità di recarsi al cimitero ha sconvolto il rapporto con la morte dei nostri connazionali. Il Covid-19 ha messo il luce il bisogno di riti che abbiamo. Ma quali riti ci servono? E quali riti, in particolare, per rimediare alla ferita di non poter celebrare i funerali dei propri cari? Aspettiamo le vostre esperienze e le vostre considerazioni.

I riti degli altri. L’islam, di Marina Sozzi
In un contesto politico come l’attuale, dove si è estremizzato il problema dell’immigrazione ben oltre la sua reale portata per il paese, apparirà controcorrente parlare di riti funebri degli immigrati. Eppure, questo è un aspetto dell’integrazione auspicabile. Sarei molto interessata a sapere la vostra opinione sugli “altri addii”: è importante offrire agli appartenenti a religioni minoritarie, o a minoranze etniche, le condizioni per poter compiere i riti della loro tradizione? Avete episodi da raccontare in merito? O vostre riflessioni?

Il dolore degli altri: l’esperienza di un cerimoniere. Intervista a Stefano Colavita, di Marina Sozzi
Che cosa si impara ad avere a che fare ogni giorno con il dolore e il lutto degli altri? Stefano Colavita, tanatologo e cerimoniere al tempio crematorio di Torino, ci racconta la sua esperienza.

A che punto siamo con la negazione della morte? Prima puntata: i riti, di Marina Sozzi
I riti funebri sono semplicemente cambiati, come dice Barbagli, o c’è una povertà rituale oggi in Italia?Cosa ne pensate? Vi sembra invece che nuovi riti si stiano sedimentando? Come vorreste che fosse il vostro rito funebre? I cimiteri sono ancora importanti?

La morte presso i Toraja: in viaggio verso Puya, di Elisabetta Gatto
L’estrema importanza attribuita dai Toraja al rito funebre ci colpisce, a confronto con la grande semplificazione e povertà rituale del nostro tempo in Occidente. Ritenete che questa semplificazione sia positiva, o che comporti altri problemi per la società nella quale viviamo? Mi sta a cuore il vostro parere.

Stare in presenza della concretezza della morte, di Marina Sozzi
Oggi il disagio che proviamo di fronte al corpo morto è mutato rispetto ad altre epoche storiche. E’ minore la paura che il defunto possa essere ostile, ma è forte l’incompetenza su come toccare o manipolare un corpo morto, difficoltà che tende a sommarsi all’antropologico sentimento di ambivalenza di fronte al cadavere. Quali sono state le vostre esperienze a contatto con la materialità della morte?

Sopravvivere nei propri cari: il rito funebre Yanomami, di Elisabetta Gatto
Tra il mondo dei vivi e quello dei morti c'è una continuità e una corrispondenza: la relazione tra i defunti e chi è in vita è salda e deve essere coltivata. È ciò che credono gli Yanomami, condividete il loro pensiero?

La vita nel rito funebre Bororo, di Elisabetta Gatto
L'anima del defunto, dopo la perdita del suo corpo, esige la più grande delle compensazioni: un grande funerale (Renate B. Viertler). Condividete questa affermazione?