Che ruolo ha la musica alla fine della vita?

Nell’entusiasmante viaggio che ho fatto in Sicilia prima di Pasqua per presentare Sia fatta la mia volontà, ho conosciuto alcune di quelle rare persone che si scolpiscono nella memoria, e nel cuore. Una di queste, oltre alla mia ospite, la bioeticista Giusi Venuti, è Raffaele Schiavo, musicista e musicoterapeuta, che si occupa dell’accompagnamento dei morenti attraverso la musica. Portando il suo lavoro in Canada, a Toronto all’HPCO annual conference, Raffaele ha avuto un grande successo ed è stato premiato come migliore presentazione orale dell’intero convegno. Date un’occhiata al video: http://www.youtube.com/watch?v=2vxP8u9wCQ0
Combinazione, sempre dal Canada mi arriva la seguente riflessione, che riguarda proprio l’utilizzo della musica alla fine della vita. La palliativista Ira Byock ritiene che vi siano quattro sentimenti che permettono di chiudere bene le relazioni alla fine della vita: l’amore, la gratitudine, il perdono e il commiato. E, come è noto, la possibilità di portare a compimento le relazioni ha un grande importanza per chi sta morendo. Le canzoni, la musica sanno condurre questi messaggi affettivi più efficacemente e più rapidamente delle parole, sostiene la dottoressa Byock. E racconta della morte della propria nonna: due canzoni hanno aiutato la sua famiglia a darle l’addio. Una è la canzone Wind Beneath My Wings, che contiene le parole che hanno permesso alla madre di dire alla nonna: «Sapevi di essere la mia eroina, colei che vorrei diventare; io posso volare più in alto dell’arcobaleno, tu sei il vento che spiega le mie ali». La seconda canzone è Eagles’ Wings, una canzone cristiana che ha aiutato la stessa dottoressa Byock a esprimere la speranza nella vita dopo la morte: «Egli ti solleverà sulle ali dell’aquila, ti innalzerà sopra il respiro dell’alba, ti farà splendere come il sole, e ti terrà in palmo di mano.»
Mi piacerebbe approfondire con voi questo tema: avete delle esperienze da raccontare? Ci sono stati momenti alla fine della vita dei vostri cari, o dei vostri pazienti, in cui la musica ha assunto un particolare rilievo? Che cosa pensate della musicoterapia? Dovrebbe essere integrata nelle competenze richieste in cure palliative?

12 commenti
  1. Andrea
    Andrea dice:

    Premetto che a me piace suonare la chitarra acustica e da agosto 2010 a gennaio 2011 ho assistito nostro padre, dall’inizio della sua malattia fino al termine avvenuto in un bellissimo hospice sulle colline di Reggio Emilia, lui amava da sempre la musica e durante la malattia non mancava occasione in cui mi chiedesse di suonare e cantare qualcosa, in particolare dei Canti Preghiera che entrambi conoscevamo.
    Il pomeriggio del suo ultimo giorno a poche ore dal trapasso, eravamo nella sua cameretta insieme ai miei fratelli e a nostra madre ( loro erano separati da circa vent’anni), ad un certo punto mentre regnava un certo silenzio, lui ha esordito dicendo ” Cantiamo qualcosa perché vorrei rallegrare un po l’atmosfera” così imbracciai la chitarra e tutti insieme (non senza commozione) abbiamo cantato un bellissimo Canto Preghiera che a lui piaceva molto, alla fine di questo ha ringraziato Gesù e tutti noi dicendo ” Finalmente un po di allegria! “.
    Dopo pochi mesi dalla sua morte ho ricominciato la professione di OSS che da alcuni anni avevo lasciato per dedicarmi ad altro, da allora ho la fortuna di lavorare in cure palliative, dico fortuna perché dopo l’esperienza con nostro padre l’ho desiderato davvero con il cuore, purtroppo dove lavoro attualmente non c’è la musicoterapia, ma spero che appena possibile la si possa reintrodurre e penso che dovrebbe essere presa maggiormente in considerazione in un contesto di cure palliative e non solo.
    Grazie per avermi dato la possibilità di condividere questa esperienza con voi.
    Andrea

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  2. Raffaele Schiavo
    Raffaele Schiavo dice:

    Ancora grazie, carissima Marina, per introdurmi ai tuoi blog in modo così lusinghiero. E grazie Andrea per la tua condivisione. Ieri ho salutato per l’ultima volta, e a modo mio, una cara signora che abbiamo seguito in hospice per circa nove mesi. Siamo riusciti a costruire un magnifico percorso insieme a lei e ai suoi familiari; marito, figli, nipoti, fratelli e sorelle, cugini e zie: una straordinaria tribù. Si sono sentiti accolti, amati, ascoltati. Si sono ritrovati uniti in un modo che non avevano mai sperimentato insieme. Ed io mi sono permesso di concatenare le loro emozioni e i loro sentimenti secondo i miei principi, costruendo riti e relazioni musicali tra loro, cantando e danzando per loro e insieme a loro. Hanno avuto modo di tirare fuori gioia e speranza, rabbia e dolore, ma anche incanto ed estasi, e alla fine anche una serena rassegnazione. Avevo saputo un giorno prima del brusco peggioramento. La signora era stata sedata per evitare che sprofondasse nel dolore e nell’inutile tormento. Tutti i parenti intorno mi stavano aspettando. L’ultimo inno medievale alla Madonna, Polorum Regina, dal Llibre Vermell de Monserrat, secolo XIV. Assolutamente sì, ma prima devo fare un’altra cosa, un’ultima cosa tra me e lei. I parenti e gli amici restano dietro e tutti intorno, messi lì fieri ad osservare, rispettosi e accoglienti. È come se la storia della cristianità arcaica si ripetesse sotto i nostri occhi, dentro le nostre orecchie. Che onore sentire di essere lo sciamano che traccia l’ultimo solco terrestre di questo loro sacro legame. Desidero entrare dentro quei terribili respiri irregolari e affannati. Posso farlo ricorrendo alla stessa tecnica con cui so espormi in teatro. Ho la mia voce ed il mio corpo, so come far vibrare le corde della gente e so come chiedere l’impossibile per farmi comprendere. Così come so che tutto ciò che mi si agita dentro, riesce a catapultarsi fuori e a filtrare anche le verità degli altri. Vado in risonanza con i movimenti respiratori della signora, entro in una sorta di unisono martellante. Poi, gradatamente ed in maniera alternata, mi distacco e mi ricongiungo, finché sento di poter guidare il suo respiro da un’altra parte, dentro la struttura danzata che il suo stato in quel momento suscita in me. Al respiro si somma un canto che nasce da tutto questo ansimare insieme. E mi muovo vicino e sopra di lei, a tratti rivolgendomi anche verso il resto della tribù. So di poter sembrare fuori di testa, ma sono perfettamente dentro ad uno stato di coerenza, assorbito dal ruolo e dalla responsabilità, e allo stesso tempo dalla ricerca di una bellezza musicale, guidato da un’estetica relazionale che si rende sempre unica e speciale. È come se tenessi un piede dentro e l’altro fuori da questa dimensione terrestre, così pervasa da umori raziocinanti e da quel senso del ridicolo che impedisce alla gente di incontrarsi nella sacralità del gioco. Ma il vero miracolo è che tutti sembrano ancora predisposti a questo tipo di rituale, a questa forma di estremo aiuto per poter varcare la soglia dell’indefinibile. Il cammino della memoria si riempie di luce, la strada si segna da sé, e con la complicità di tutti. È magnifico! Riesco a guidare il respiro della signora morente dentro il ritmo della musica che sto costruendo insieme a lei, voce e corpo. E adesso prendo pure il tamburo e rendo tutto più stabile e fluido. Le modifiche sono evidenti, lei è decisamente entrata nel flusso del brano. E non è mica la prima volta. Medici e psicologi assistono esterrefatti davanti a questi processi per loro incomprensibili, sebbene non possano fare a meno di notare gli sviluppi di un mio procedimento tecnico e il risultato evidente che si manifesta nella risonanza tra individualità e gruppo. Cerco l’acme, il punto di massima forza e di liberazione di ogni tensione. E poi procedo verso il riassorbimento di tutte le energie spese sino a quel momento. E così come non posso fare a meno di pensare al Libro Tibetano dei morti, dove le preghiere accanto al morente sono strutturate per indicargli la via della santità, così penso anche a come in francese l’attimo dell’orgasmo si chiami piccola morte, petit mort. La signora riduce il suo respiro al ritmo delicato del brano che va svanendo. Finisco sussurrando, mentre indico al gruppo di tenersi pronti per cantare il Polorum Regina e a fare quasi da echo alla seconda parte della strofa: Stella mattutina dele scelera. Quanto le piaceva quando era in vita, lì in hospice tutti insieme a danzare e a cantare questo inno alla Madonna che viene fecondata, ingravidata da Dio per liberare poi la sua creatura divina. Questa Madre Terra che conosce a menadito il ciclo della vita rilascia le sue echo in tutte le sue variazioni al femminile. Missione compiuta. Si canta, si danza, si piange, tra abbracci e baci. Che bellezza! È un avvicendarsi di ringraziamenti e di gratitudini. Che piacere e che onore! Non contento l’indomani vado a trovarli in camera mortuaria. Non si capisce se sono più felice io o loro di essere lì presente anche dopo la morte. La signora giace sorridente, tutta ben sistemata e vestita, coperta dal velo. Quanti abbracci e baci fra me, parenti e amici, ancora una volta. L’ultima carezza al corpo gelido ed un lungo grande sorriso per aver portato egregiamente a termine la sua vita. E presento il brano che riserbo a tutti dopo la morte, il beata Viscera di Perotinus, Scuola di Notredame, secolo XII. Ancora una volta il sacro utero della Madonna, di questa madre Terra che produce e riprende a sé i suoi frutti. Canto fermo, sereno. Atmosfera solenne e distesa. A presto amici, amiche. Tornate presto a trovarci. L’hospice è casa vostra. Organizziamo sempre grandi riunioni, i volontari preparano dolci e momenti di festa. Gli artisti presentano le loro piccole performance, i filosofi creano momenti irripetibili di riflessione e grandi dibattiti, si discute sul senso della vita, sulla capacità di viversi le proprie emozioni, su come sarebbe diversa la società se si fosse preparati alla morte secondo criteri di estetica. La bellezza, innanzitutto.

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    • Andrea
      Andrea dice:

      Grazie Raffaele,
      Ho letto con interesse il racconto dell’esperienza che hai vissuto nell’accompagnamento di quella signora, è vero ciò che dici a proposito del senso del ridicolo e ho guardato con altrettanto interesse il video di YouTube che ci è stato segnalato, sono davvero contento di sapere che ci sia qualcuno come te che aiuta, con la musica, le persone che sono giunte alla fine del loro percorso terreno, quello che fai tu per me è davvero affascinante, come amo dire in certe occasioni, “Io ci farei la firma a poter lavorare così”.
      Un caro saluto
      Andrea

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      • Raffaele Schiavo
        Raffaele Schiavo dice:

        Andrea, grazie!!! Restiamo in contatto su FB, così ci teniamo aggiornati sulle nostre attività. Un abbraccione e buona giornata!

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  3. Cristian Riva
    Cristian Riva dice:

    Cara Marina,
    Il mio sarà un commento semplice, apparentemente banale, ma basato sul mio vissuto quotidiano in cure palliative domiciliari. Il ruolo della musica é fondamentale in ogni momento della vita, dalla nascita, passando dalle ninna nanne della mamma fino al primo amore adolescenziale. Chi più chi meno associa la musica ad un evento, ad una emozione o semplicemente ad un ricordo. La musica é suono. Le nostre parole sono suoni. I rumori della nostra casa sono suoni abituali. Allargherei il concetto di musica come espressione di quel “suono amico” che può accompagnarci sino alla fine della vita e che spesso non é soltanto strumenti e voce ma può essere quel ruscello vicino alla finestra di casa, oppure il treno delle 7 che sveglia le nostre abitudini e, nel caso di fine vita, ci sveglia ancora una volta. Ecco perché é fondamentale lasciare il nostro corpo attorniato da tutti i nostri “suoni amici”. La musica come la nostra casa sensoriale, sia essa fatta di parole, di canti o anche di silenzi. Quindi senza enfasi alcuna per me la musica deve assolutamente far parte di un percorso di accompagnamento alla morte, ma pensando ad essa come ad ogni “gesto che produce un suono amico e conosciuto”, senza limitare il concetto al nostro gruppo o genere musicale preferito. Non é solo così.
    Un abbraccio

    Cristian Riva
    http://www.coraggioepaura.com

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  4. sipuodiremorte
    sipuodiremorte dice:

    Grazie Raffaele, e grazie Cristian. I vostri commenti rispecchiano ciascuno la vostra personalità, e sono entrambi di grande profondità. Sono un contributo importante per questo blog, che intende continuare a esplorare temi non consueti per tutti.
    Amici, raccontate ancora della musica.

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  5. Nicoletta
    Nicoletta dice:

    Grazie per l’opportunità di parlare di questo argomento. Sono molto appassionata di musica, io e mio fratello abbiamo anche fatto il conservatorio, la musica e’ sempre stata presente nella nostra vita perché i nostri genitori ne erano affascinati e ci hanno educato all’ascolto. Nostra madre e’ arrivata alla fine della sua malattia devastante (una demenza frontotemporale che l’ha colta a 57 anni e l’ha portata a morte dopo 10 lunghissimi e dolorosissimi anni) non riusciva più ad alimentarsi e in pochi giorni abbiamo capito che eravamo davvero al termine della sua vita terrena. Ci siamo ritrovati io e mio fratello accanto al suo letto, a farle ascoltare per l’ultima volta l’Adagio di Albinoni, che lei amava, e con quella musica se ne è andata. Anche al funerale abbiamo avuto la fortuna di far suonare a nostro cugino, con il saxofono, la stessa melodia, riarrangiata in versione strumentale, ed è stato davvero commovente. Nella disperazione che ha accompagnato quei momenti, il fatto di aver salutato la mia mamma con la sua musica preferita e’ stato di grande conforto, e ancora adesso, dopo due anni dalla sua morte, mi ritrovo a sorridere pensando che se ne sia andata solo quando eravamo lì tutti noi, con la sua musica.

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    • sipuodiremorte
      sipuodiremorte dice:

      Grazie Nicoletta per il suo intervento, credo che anche il tema della musica al funerale, che lei ha toccato, sia altrettanto importante. Una musica amata da colui che non c’è più, magari scelta in vita, può essere di grande consolazione per il commiato.

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  6. Patrizia Russo
    Patrizia Russo dice:

    Salve Marina e’ molto che seguo le vostre discussioni, belle e interessanti. Ma e’ la prima volta che sento forte e necessario il bisogno di condividere la mia esperienza.
    Mia mamma e’ morta ad 88 anni a settembre, dopo anni di malattia. Gli ultimi mesi sono stati dolorosi per noi, ma anche dolcissimi. Abbiamo avuto il tempo di coccolarla e di dirle quelle cose che in genere in tutta una vita non riusciamo ad esprimere. Si e’ scelto che rimanesse a casa sua con noi intorno fino alla fine, evitando un ricovero che, come disse il medico, forse avrebbe alleviato noi ma non aiutato lei. Nelle ultime settimane le abbiamo chiesto se avesse voglia di ascoltare musica e le ho proposto musica classica. Ha arricciato il naso, mentre e’ stata contenta di ascoltare la Callas, come suggerito da mia figlia. Non essendo lei particolarmente appassionata di lirica, mi sono stupita e credo sia stato un gesto d’amore verso la nipote. E poi ci ha raccontato pian piano le prime volte che da bimba era andata alla Scala ad ascoltare l’opera con i genitori e delle altre serate passate intorno alla radio. Cosi’ ci ha regalato pezzetti della sua vita che non conoscevamo proprio! Nei giorni a seguire ci siamo ascoltati jazz, soprattutto Rhapsody in blue ed anche Modugno, condividendo ricordi ed emozioni.
    Per noi e’ certamente stato di grande aiuto e speriamo tanto anche per lei. Forse e’ anche grazie alla musica se quando parlo della morte della mia mamma ho il sorriso sulle labbra.
    Grazie davvero di avermi ascoltata
    Patrizia

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