Proponiamo una breve intervista a Guidalberto Bormolini, monaco e presidente di TuttoèVita Onlus. Al centro dell’esperienza dell’associazione vi è la pratica della meditazione. Lo stesso padre Bormolini pratica e insegna la meditazione e propone percorsi di accompagnamento spirituale a chi deve affrontare una malattia grave o l’approssimarsi della morte. Si occupa inoltre di dialogo interreligioso.
Ci racconti brevemente di cosa si occupa l’associazione Tutto è Vita, che presiedi, quali sono i principali progetti e le attività in corso?
TuttoèVita Onlus si occupa di accompagnamento spirituale nella malattia grave e nel lutto. In questa missione si comprendono non solo le persone malate e i loro familiari, ma gli stessi operatori sanitari. Il principio che ci guida è che non ci sono accompagnatori attivi e persone accompagnate passive: si entra in una relazione che è arricchente per entrambi. Il perno attorno a cui ruota sia il nostro modello di accompagnamento, sia quello della formazione degli operatori è la meditazione. Questi percorsi sono concepiti come uno spazio aperto e inclusivo, in cui far vivere un’esperienza integrale, per prendersi cura globalmente delle dimensioni di corpo, psiche e spirito.
Con questa convinzione stiamo costruendo sulle colline di Prato un Hospice centrato sulla meditazione. Collegato al progetto dell’Hospice, abbiamo già avviato il progetto “La Casa del Grano”, in cui proponiamo dei percorsi residenziali per persona malate in un’ottica di presa in carico globale e precoce: ovvero già dai primi tempi dopo la notizia di una prognosi infausta.
Perché avete scelto la meditazione come pratica centrale per l’accompagnamento e anche per affrontare la propria malattia? Che caratteristiche ha questo strumento?
I documenti scientifici più importanti sul fine vita rimarcano l’importanza della dimensione spirituale nella cura, ma è raro che questa sia presa in carico nel sistema sanitario. Spesso il timore dell’intervento “confessionale” finisce per paralizzare il sistema. Occorre trovare percorsi che possano essere accolti sia da diverse religioni che al di fuori delle religioni, in base ai percorsi personali di chi chiede sostegno.
La meditazione è contemporaneamente la più antica e attualizzata esperienza per avvicinarsi al mondo spirituale. Ogni tradizione religiosa ha una pratica meditativa, ma la meditazione è praticata anche fuori dalle religioni, quindi è il miglior percorso per attingere forze interiori che altrimenti rischiano di restare sopite.
Come sei arrivato nella tua biografia a decidere di approfondire il tema della morte?
Sin da giovane, come è normale nei piccoli paesi, sono stato educato a un rapporto naturale con la morte e il morire. Ma è stato decisivo l’incontro con padre Cappelletto, un gesuita che è stato mio padre spirituale e maestro di meditazione. Mi esortò a non fare meditazione esclusivamente per il mio benessere personale, ma avere sempre cura della sofferenza altrui. E mi invitò ad andare a visitare malati gravi e stare con loro, pregando e meditando. È stata un’esperienza fondamentale e tuttora parte della mia missione.
Tutto è Vita ha anche una collana editoriale: che libri pubblicate, come li scegliete e li programmate?
La nostra collana propone testi che aiutino a vedere la morte dal punto di vista della vita e non come opposto alla vita. Ma si estende anche a riflessioni per affrontare le grandi difficoltà e sfide della vita stessa. In particolare molti dei testi sono dedicati al tema dell’accompagnamento spirituale nel fine vita e nelle cure palliative. Per fare questo abbiamo chiesto ad alcuni fra i principali esperti di tanatologia e cure palliative di dare un contributo che stimoli in particolare l’attenzione alla spiritualità come parte integrante del processo di cura. Attendiamo anche un contributo di Marina, che oltre ad essere un’amica è una persona che ammiro molto e che può testimoniare in modo credibile come la morte può essere “sorella”.
Consiglieresti qualche titolo ai nostri lettori, quali ti sono più cari?
Uno per i volontari delle cure palliative: un testo del medico Filippo Canzani, che può essere prezioso per chi si occupa di accompagnamento: Dizionario delle ultime parole. Manuale sulle cure palliative per volontari e familiari.
E poi un testo dal titolo fortemente evocativo: La donna che trasforma la morte in vita. Dalla vedovanza al servizio d’amore, di Barbara Carrai. Sono racconti di una donna, lei stessa vedova, che ha lavorato come inviata per l’ONU in molti paesi in guerra. Un’incredibile testimonianza di come l’amore possa trasformare la morte in occasione di vita.
Splendido. Da praticante ormai ventennale, sono convinto che meditare sia senz’altro il sentiero piu’ efficace per sviluppare consuetudine con la morte del corpo, l’eternita’ di noi anime, e per comprendere il senso di questo passaggio attraverso la cosiddetta ‘Grande Soglia’.
Caro Mauro, anche io, da meditante assai meno assidua di te, me ne sono convinta. Un abbraccio.
Ho avuto modo di vivere l’esperienza in hospice, in punta di piedi. L’accompagnamento spirituale al morente allora non poteva che essere del sacerdote chiamato a tale funzione. Ho abbandonato quell’ambito perché un Counselor non poteva aspirarvi pur avendo una preparazione in tal senso e buone pratiche di meditazione. Ho compreso con il tempo che può
essere un sacro compito di tutti coloro che abbiano aperto il loro cuore all’amore, per ispirazione, vissuti e rivelazioni.
Mi conforta che la visione della morte stia cambiando in TuttoéVita!
Molto interessante non conoscevo questa realtà …. grazie