Di cosa parliamo quando parliamo di morte? di Marina Sozzi
Quando parliamo di morte, è evidente che non ci riferiamo all’istante dell’exitus, al momento del decesso: di questo evento puntuale, del quale nessun essere umano vivente ha esperienza, nulla sappiamo e nulla possiamo dire.
Vladimir Jankélévitch, interessante filosofo esistenzialista del Novecento, scriveva che è impossibile pensare la morte, intesa in quel senso, e che «il pensiero del nulla è un nulla del pensiero». Così tutti quei monaci, santi e gentiluomini che meditavano guardando un teschio, nei quadri medievali e rinascimentali, non stanno in realtà pensando a niente:
«…in questo concetto di una nichilizzazione totale, non troviamo niente a cui afferrarci, nessuna presa a cui la comprensione possa aggrapparsi. Il pensiero del niente è un niente di pensiero, poiché il nulla dell’oggetto annichila il soggetto: non si pensa un niente, non più di quanto si veda un’assenza, così che pensare il niente è non pensare a niente, dunque è non pensare» (V. Jankélévitch, La morte, p. 39)
Cosa abbiamo quindi in mente quando condividiamo il pensiero che sia importante e utile ragionare sulla morte e confrontarci?
I nostri discorsi vertono principalmente su tre temi: 1) la paura della morte, cioè il pensiero più o meno ricorrente e più o meno angosciante della propria fine o della mortalità delle persone che ci sono care; 2) il morire, ossia il processo di avvicinamento alla propria morte, a seguito di una prognosi infausta, e 3) il lutto, in altre parole ciò che accade a chi resta. Poi, certamente, possiamo riflettere sui riti, o sulla conservazione e tutela della memoria di chi ha lasciato la vita.
Quando parliamo di morte, quindi, paradossalmente, parliamo di vita. L’ultimo tratto di strada delle persone è vita, anzi spesso, come ci insegna chi opera in cure palliative, una vita intensa e preziosa. E vita è quella di chi ha subìto una perdita, di chi ricorda, di chi celebra, di chi teme, di chi prova ansia o angoscia.
Parliamo, più in generale, non della ma intorno alla morte. Ciò che è interessante, in altre parole, è il nostro modo di affrontare il morire e la perdita, individualmente, culturalmente e socialmente. Per comprenderlo occorre esaminare il “sistema della morte” che opera nel nostro contesto, che permette a tutti noi di sapere come comportarci quando incontriamo l’evento più temuto, tenendo conto che ogni sistema della morte è intrecciato con la dimensione sociale, politica ed economica di un paese.
Ciò che è interessante, in sintesi, è come ci prendiamo cura dei morenti, se sappiamo accompagnarli e sostenerli, se riusciamo a rendere tollerabile il morire; come consideriamo e trattiamo gli anziani; come supportiamo chi cura, i caregiver formali e informali; come riusciamo a prevenire il suicidio; come ci prendiamo cura dei lutti faticosi e difficili, come manteniamo la memoria e commemoriamo i nostri morti.
Ma per capire il nostro «sistema della morte», occorre restare aperti a ciò che di nuovo è emerso negli ultimi decenni: la crescita delle cure palliative, innanzitutto. La dimensione online dell’elaborazione del lutto. Le nuove forme di socializzazione della morte, meno legate a protocolli rituali e più personali e intime, gestite insieme alle persone che ci sono affini e vicine. Occorre anche tenere presenti le differenze tra nord e sud, tra città e provincia, abbandonando le perniciose generalizzazioni che ci portano ad affermare che «la società occidentale nega la morte».
Per capire il nostro specifico modo di confrontarci con il morire e con la perdita, dobbiamo smettere di lanciare anatemi, sussumendo tutto quanto è diverso dal passato sotto il cappello della negazione, del tabù, o della rimozione della morte.
Occorre ripartire senza più usare il concetto prêt-à-porter del tabù, per comprendere più profondamente, e senza pregiudizi, ciò che ci circonda: senza trionfalismi, perché ogni «sistema della morte» è modificabile e migliorabile; ma anche con la consapevolezza che la morte è ardua da affrontare, e tutte le società, del presente e del passato, in qualche misura hanno sempre negato e negano la morte, pur dovendola anche in parte accettare, come dato di fatto incancellabile. Nulla di nuovo dal fronte occidentale.
Mi stanno molto a cuore le vostre riflessioni, e aspetto come sempre i vostri commenti.