Articoli

A che punto siamo con la negazione della morte? Prima puntata: i riti, di Marina Sozzi

A che punto siamo con la negazione della morte? E’ una domanda che un tanatologo, di tanto in tanto, deve porsi. Questa volta l’interrogativo è stato stimolato anche dalla lettura dell’ultimo libro del sociologo Marzio Barbagli, Alla fine della vita, che afferma che la società moderna non nega e nasconde la morte più di quelle che l’hanno preceduta. Non sono per niente d’accordo con lui, e ho l’impressione che il libro voglia essere una provocazione, ma non sia del tutto equo nei confronti del profluvio di studi e riflessioni che, in tutto il mondo occidentale, hanno esaminato i molteplici significati dell’impasse dei nostri contemporanei non solo di fronte al morire, ma anche dinanzi al soffrire. Sembra che Barbagli voglia un po’ “liquidare” la tesi della negazione della morte, più di quanto non intenda riesaminarla.

Io vorrei, invece, affrontare la domanda sulla negazione della morte come se fosse una domanda nuova, senza dare per scontate le risposte che ho dato in passato. Sono ormai venticinque anni che mi occupo di questi temi, e vi propongo di guardare a ciò che è accaduto nell’ultimo ventennio. La situazione è migliorata? E’ peggiorata? Il discorso è lungo, e comincio oggi proponendovi un tema specifico, quello dei riti funebri.

I riti funebri sono semplicemente cambiati, come dice Barbagli, o c’è una povertà rituale oggi in Italia? Che le modalità di sepoltura siano cambiate è un dato: nel 2016 (ultimi dati disponibili) è stata scelta la cremazione dal 23% delle persone, l’inumazione dal 33% e la tumulazione dal 44%. La scelta cremazionista cresce, per ragioni in parte culturali e in parte economiche. Non credo né ho mai creduto che l’aumento della cremazione, in Italia come in altri paesi, sia sintomo di una deritualizzazione.
Al contrario, nei luoghi in cui è stato proposto un rito del Commiato per accompagnare l’affidamento della salma al crematorio, si è fatta un’importante operazione culturale: far riflettere i familiari sull’esigenza di un addio che abbia una struttura rituale, ma che corrisponda anche al desiderio di personalizzazione molto diffuso in Occidente: una poesia, una musica, qualche parola in memoria del defunto pronunciata da chi lo ha amato. Nei crematori dove c’è stata l’offerta di un rito, la popolazione ha maturato anche la capacità di celebrarlo a immagine e somiglianza del morto. Stiamo parlando, però, di una minoranza. C’è un’altra minoranza che pensa per tempo al rito funebre: quella di coloro che, avendo avuto accesso per tempo a buone cure palliative, hanno potuto conciliarsi con la propria morte e hanno dato istruzioni ai loro cari sulla cerimonia che desiderano.

La maggioranza delle persone, invece, si trovano in una situazione di impoverimento rituale. Pensano al rito funebre quando la morte di un congiunto è già avvenuta o sta per sopraggiungere. Allora chiamano le onoranze funebri e delegano loro quasi ogni decisione.
Così accade che molti non credenti si trovino impelagati in un rito cattolico. E forse anche la Chiesa cattolica si sta rendendo conto di quanti problemi ci siano nella celebrazione dei funerali religiosi con persone non religiose o blandamente credenti. I sacerdoti si accorgono che gli astanti non conoscono le formule di rito, non sanno quando alzarsi e sedersi, non conoscono le preghiere. Gli stessi operatori funebri si scandalizzano, inoltre, nel constatare che i partecipanti a molti funerali non riescono a sentire la solennità della morte, e si comportano in modo inappropriato.
Un problema a parte è costituito dalla scarsa offerta di spazi interculturali, dove sia possibile celebrare riti di altre culture o religioni. Ne ho parlato in alcuni miei libri e non vorrei dilungarmi su questo. Certo le cose non vanno meglio di qualche anno fa, né il clima di intolleranza che si va diffondendo nel paese fa presagire nulla di buono su questo fronte. Un’unica notazione positiva: la possibilità (che si sta cominciando a proporre) di assistere in streaming a funerali che si svolgono a migliaia di chilometri dal luogo dove si vive può essere uno strumento importante in un mondo globalizzato, anche se non sostituisce la presenza di persona.

Non è vero, come afferma Barbagli, che tutti i riti hanno perso terreno, e non solo quelli funebri. Forse in alcune nicchie intellettuali della mia generazione di baby boomers c’era un atteggiamento antiritualista, ad esempio ci si sposava in tono minore: era considerato più di buon gusto.
Oggi però i giovani sono tornati con entusiasmo al matrimonio tradizionale, anche quando si sposano civilmente, abito bianco, banchetto e torta nuziale, album di fotografie, bomboniere, (a testimonianza del loro/nostro bisogno di riti), e organizzano feste per il battesimo dei figli. Ma lo stesso non si può affermare per i funerali. Nessuno pensa di onorare la memoria di un defunto con un funerale importante.

Per quanto riguarda i cimiteri, continuano a essere luoghi poco frequentati, con l’esclusione delle persone in lutto e delle celebrazioni dei primi di novembre. Certo, nell’ultimo ventennio sono stati molto valorizzati i cimiteri monumentali, ma soprattutto dal punto di vista artistico-museale.
Invece le proposte innovative, che dovevano modificare il volto ai nostri luoghi dei morti (ad esempio i cimiteri arborei e altri progetti di parchi cimiteriali) non sono riusciti a sfondare, nonostante l’idea piaccia molto a tanti cittadini. Fiacchi i cimiteri virtuali, che pareva dovessero rappresentare il futuro, ma che non esistono quasi più. L’idea codice del Qr da mettere sulle tombe, per accedere a una realtà aumentata, e poter conoscere la storia della persona sepolta, benché interessante, ancora ha fatto poca strada. Intanto, continuiamo a avere cimiteri di loculi.

La commemorazione viaggia soprattutto sui social, Facebook in primo luogo. E’ accaduto che la rievocazione si sia spostata nel mondo virtuale, abbandonando parzialmente quello reale. Ma non mi spingerei a parlare di una nuova cultura funebre. Perlomeno, non ancora. La memoria veicolata dai social network è una memoria troppo carica di informazioni, troppo privata, e che privilegia l’aspetto della consolazione dei vivi rispetto a quello della memoria storica e sociale. E anche da questo punto di vista, manca l’aspetto concreto della presenza fisica degli altri nella vita di chi ha perso un congiunto. Certo, la presenza su Facebook è meglio di nulla. Ma è un succedaneo.

Non abbiamo, a mio modo di vedere, ancora trovato un rito che possa essere condiviso in una società complessa e plurale come la nostra. Cosa ne pensate? Vi sembra invece che nuovi riti si stiano sedimentando? Come vorreste che fosse il vostro rito funebre? I cimiteri sono ancora importanti?

Festa dei morti, parte seconda

Cari amici, qualche giorno fa ho proposto di partecipare all’azione collettiva che si terrà contemporaneamente in varie parti del mondo, alle 16 (ora italiana) del 2 novembre 2012 (10am New York; 11am Buenos Aires; 12pm São Paulo; 3pm London; 4pm Cairo/Rome; 5pm Addis Ababa; 9pm Phnom Penh; 10pm Beijing/Shanghai). Ognuno di noi, nello stesso momento, si proporrà di incontrare una persona scomparsa (un parente, un amico, un personaggio pubblico), nel luogo che preferisce, secondo i propri tempi e modi.

Ma non finisce tutto con il pensiero rivolto a chi non c’è più. La seconda parte della proposta è la seguente:

Ti chiediamo di inviarci, due o tre giorni dopo questo “incontro”, una parola o una frase (due righe al massimo) che rappresenti o evochi questa esperienza. Niente testi lunghi, immagini, video o altro.

Alla fine di novembre le parole o le frasi raccolte verranno trascritte con la tecnica dell’affresco sulle pareti de Lu Cafausu a San Cesario di Lecce. Per l’occasione, oltre alla realizzazione dell’affresco, sarà organizzata una festa.
Verrà successivamente inviata una email con la data della festa e della realizzazione pubblica dell’affresco.

Per favore registrati su http://eepurl.com/qceAP per confermare la tua partecipazione.

invia le parole a: lafestadeivivi@gmail.com

Festa dei morti, o meglio dei vivi che riflettono sulla morte

Cari lettori, si avvicina il 2 novembre, le iniziative di celebrazione della festa dei morti saranno senz’altro tante, e alcune cercherò di segnalarle in questi giorni che precedono. Mi sta particolarmente a cuore questa, alla quale ho aderito, che vi riporto così com’è stata diffusa da coloro che hanno creato questo evento. Voi cosa ne pensate?

Invito a partecipare alla “Festa dei Vivi (che riflettono sulla morte)”
3ª edizione, 2 novembre 2012, ore 16 (ora italiana)
10am New York; 11am Buenos Aires; 12pm São Paulo; 3pm London; 4pm Cairo, Rome; 5pm Addis Ababa; 9pm Phnom Penh; 10pm Shanghai

In varie parti del mondo, all’inizio di novembre, le persone celebrano i morti, sia ricordando chi non c’è più, sia visitando i luoghi delle spoglie dei defunti.
In un modo o nell’altro tutti cerchiamo di stabilire un contatto coi nostri cari, a volte considerando il nostro comune destino, ovvero riflettendo sulla morte in generale.

Vorremmo dare vita a uno spazio immaginario dove pensieri, analogie e coincidenze possano trovare eco nelle voci e nelle immagini interiori suscitate dall’incontro con chi non c’è più.

In occasione della terza edizione de “La Festa dei Vivi (che riflettono sulla morte)” proponiamo un’azione collettiva, che possono fare tutti, e che avvenga in luoghi diversi, ma nello stesso momento. Ognuno potrà incontrare i propri cari, gli amici o i parenti morti. Ciascun partecipante potrà entrare in contatto con loro attraverso un rituale, un gesto, un pensiero, come vuole.

La consapevolezza che una pluralità di persone, nello stesso momento, sia in dialogo con una moltitudine di altre persone scomparse, può creare uno spazio comune tra la vita e la morte, tra i defunti e noi – i vivi – che condividiamo un destino di finitudine.

La presa d’atto di tale destino può creare un’intensità comune tra i partecipanti.

Ti invitiamo quindi a prendere parte all’azione plurale del 2 novembre stabilendo, all’ora convenuta, un contatto con una persona morta.
Ti chiediamo anche di mandarci un messaggio di posta elettronica per confermare la tua intenzione di partecipare alla “Festa dei Vivi”.
Allo scopo di creare un iniziale senso di comunità, i nomi dei partecipanti verranno pubblicati (salvo i casi in cui è richiesto l’anonimato) sul sito www.lucafausu.tk.

La condivisione dell’esperienza collettiva del 2 novembre 2012 verrà celebrata in un successivo incontro, questa volta “dal vivo”, che si terrà a San Cesario presso Lu Cafausu e sul quale saranno date notizie in seguito.

Per informazioni sulla terza edizione della “Festa dei Vivi (che riflettono sulla morte)” rivolgersi a: lafestadeivivi@gmail.com

Emilio Fantin, Luigi Negro, Giancarlo Norese, Cesare Pietroiusti, Luigi Presicce

www.naturaartis.blogspot.com
www.structuresofsharedartpractices.blogspot.com