Narrare il lutto
Nella nostra cultura, dove pochi e smorti riti vengono celebrati, dove ciascuno vive la propria vita individuale, la narrazione del dolore ha preso il posto della sua condivisione, e dal narrare nascono nuove comunità elettive.
Così funzionano i gruppi di auto mutuo aiuto dedicati al lutto, i cui partecipanti si riuniscono per raccontare il proprio male di vivere con la perdita, e poco per volta sono meno soli, ritrovano solidarietà, vicinanza e amicizia.
C’è chi invece di parlare, decide di scrivere. Per scrivere la propria esperienza di perdita occorre saper trovare le parole giuste. Non necessariamente letterariamente efficaci, ma corrispondenti a quel che vive nella memoria, nel cuore e nella mente di chi soffre (cfr. anche il sito dell’Associazione Maria Bianchi, che dedica una parte del suo lavoro di sostegno al lutto proprio alla narrazione, www.mariabianchi.it )
Ci sono eccellenti libri sull’esperienza del lutto, ne ricordo qualcuno per chi abbia piacere di ritrovare propri sentimenti nelle parole altrui: Philippe Forest ci ha raccontato la perdita della sua bimba di quattro anni in Tutti i bambini tranne uno, e scrive “Ho fatto di mia figlia un essere di carta”. Louise Candlish in Da quando non ci sei parla della sua fuga in Grecia e della lenta, sofferta ripresa della speranza di poter vivere, dopo la morte della figlia Emma. Ray Kluun, Senza di lei, narra la sua terribile esperienza di un lutto bloccato dopo la morte della moglie, di come si è perso per mesi nella droga e nel sesso. Joan Didion in L’anno del pensiero magico, percorre il primo anno dopo la morte del marito, un anno in cui tutto viene rimesso in discussione. Brigitte Giraud in E adesso? narra la perdita del marito in un incidente d’auto e la fatica di continuare a vivere, C. S. Lewis, Diario di un dolore, evoca il suo lutto per la moglie e il suo sgomento di fronte al vacillare della fede. Ce ne sono molti altri. Molti di questi autori non erano scrittori professionisti, eppure hanno avuto l’esigenza di trovare le parole “giuste”. Giuste per mettere una distanza tra sé e il proprio dolore, giuste per ricordare la persona perduta e l’amore provato, giuste per scoprire che ogni lutto è un dolore diverso, e nessuno stereotipo può servire.
Vorrei parlarvi anche di un blog, bellissimo a partire dal nome, Tra2mondi. E’ un padre che scrive a proposito della perdita della propria bambina: “Nostra figlia, Agathe, se ne è andata all’età di tre anni, tre anni fa. Vorrei poter scrivere qui la nostra storia e condividerla. Non so se ci riuscirò. Finalmente mi sono detto che la sola cosa che un uomo può fare, su questa Terra, è testimoniare della propria vita, qualunque essa sia, senza mentirsi. La storia di nostra figlia ci ha fatto cambiare. Cambiare significa iniziare a vedere il mondo, la vita, in modo diverso. Anche per questo ho pensato di chiamare questo blog ‘tra2mondi’.”
Due mondi esplorati con le parole “giuste” da Stefano, papà di Agathe. Stefano vuole mettere la sua esperienza a disposizione di tutti coloro che lo desiderano, e creare una difficile comunicazione con altri sul tema più occultato e impronunciabile tra tutti i silenzi che circondano la morte: la morte di un bambino.
Grazie Marina per il post ricco di spunti.Mi permetto di segnalare una lettura sul delicato tema della morte perinatale segnalato anche dall’associazione CiaoLapo, che da anni si occupa con amorevole attenzione della condivisione del dolore fra coloro che hanno vissuto questo doloroso evento.
Il libro si intitola “Nessuno sa di noi”, l’autore è Simona Sparaco ed è edito da Giunti.
Trovare le parole per il dolore non è semplice, ma condividendo si può affrontare con più forza il silenzio del lutto.
Ciao,
Erika
Grazie Erika, per il suggerimento. Ciao Lapo fa un lavoro molto importante. Condividere…in quanto mortali e tremendamente vulnerabili.
Grazie. Anche io intravedo soltanto nella condivisione di un destino che ci accomuna, sempre diverso e sempre uguale, come le onde del mare, l’ unica debole e grande forza per continuare a vivere. Chissà……….
ho sfiorato il dolore di un Padre che ha perso la piccola figlia di appena tre anni per leucemia……il dolore durato anni nella speranza sempre delusa di vederla rifiorire alla vita……..poi il lutto. Quale sofferenza più grande per una madre ed un padre? Avere la capacità di raccontarsi, di comunicare la propria esperienza, di narrare il lutto è terapeutico e può certo anche essere di aiuto ad altri, serve a condividere, alleggerisce, rende più sopportabile, non so se anche accettabile, il dolore immenso che potrebbe annientarci. Ma “narrare il lutto” penso sia un privilegio di pochi….temo che per molti non ci sia che lo stordirsi………..quello stordirsi per non conoscersi che è così tremendamente diffuso e ampiamente favorito dall’incultura delle trasmissioni d’intrattenimento. E oggi pensano anche a fornirci il farmacon per stordirci ancora meglio. Ma davanti al dolore immenso per la perdita di una figlia/o non c’è che da inchinarsi con tutta la cum-passione che il nostro cuore sa esprimere.