Il modello delle cure palliative è vincente? di Marina Sozzi
Una morte accompagnata e gestita in équipes multidisciplinari, con la sofferenza controllata, con attenzione olistica agli aspetti psicologici, sociali e spirituali della malattia e della fine della vita, con la tutela della dignità e dell’autodeterminazione, così che il malato, posto al centro della cura, possa mantenere la padronanza della propria vita fino alla fine. In questo modello di morte, proposto dalle cure palliative, appare meno spaventoso vivere il proprio morire. Da questo punto di vista le cure palliative sono davvero la buona novella del nostro tempo.
Ma quanto è noto, e quanto è vincente questo modello a livello sociale? Per dare una risposta possiamo fondarci, per quanto riguarda il nostro paese, su un sondaggio Ipsos, commissionato da Vidas e da Federazione Cure Palliative nel 2023.
Si trattava di comprendere quanto siano conosciute le cure palliative nel nostro Paese, sia tra i cittadini sia tra i medici, e quale sia l’opinione che ne hanno gli uni e gli altri.
In generale, i risultati ci presentano importanti progressi rispetto al precedente sondaggio, del 2008.
Tra i cittadini l’indagine mostra un notevole aumento della conoscenza: se nel 2008, infatti, il 41% degli intervistati non aveva mai sentito parlare di cure palliative, oggi quella percentuale è scesa al 6%. Parallelamente è cresciuta molto l’informazione su questa specifica modalità di cura: nel 2008 solo il 24% degli italiani dichiarava di avere le idee abbastanza chiare, ora il 54% dice di sapere bene di cosa si tratta. Sebbene il 18% delle persone intervistate ritenga che le cure palliative siano cure inutili o ‘naturali’ o alternative alla medicina tradizionale, è però sempre più diffusa la convinzione che si occupino di migliorare la qualità di vita di persone gravemente malate e delle loro famiglie, indipendentemente dalla patologia. La comprensione della parola “hospice” è più che raddoppiata, dal 24% al 56%. Secondo la ricerca, 8 cittadini su 10 sanno che le cure palliative sono un diritto (sancito dalla legge 38 del 2010), e che deve essere garantito gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale.
Anche l’opinione sulle cure palliative è per la grande maggioranza positiva (il 90%), mentre solo il 4% risponde “per niente positiva”. E circa il 91% degli italiani è d’accordo, o abbastanza d’accordo, con l’utilizzo dei famaci oppiacei. Solo il 10% teme che le cure palliative abbrevino la vita.
Unico dato che dà da pensare: il 57% dei cittadini non sa se le cure palliative siano disponibili sul proprio territorio. Oltre a questa carenza di informazione sulla accessibilità per sé e per i propri cari delle cure palliative, le principali lacune sono sulla conoscenza delle cure palliative pediatriche (4 italiani su 10 pensano che le cure palliative non possano riguardare i bambini).
Agli intervistati è stato anche chiesto quali ostacoli esistano, a loro modo di vedere, per una migliore e più generale conoscenza delle cure palliative. Il 12% ha citato la paura della morte, e solo il 16% la riluttanza delle persone a parlare della morte e del morire (a dimostrazione che forse della morte se ne parla, e molto). Il 30% denuncia una cultura che si concentra sulla guarigione e sulla cura attiva delle malattie, e il 18% sulla mancanza di campagne pubbliche di sensibilizzazione.
Meno rassicuranti sono i dati che riguardano i medici: medici di medicina generale, specialisti ospedalieri, pediatri di libera scelta. Tra i medici, infatti, resiste ancora una percentuale che ignora cosa siano le cure palliative: il 21% dei pediatri, il 17% degli specialisti ospedalieri, il 15% dei MMG. E solo il 60% circa dei medici asserisce di sentirsi sufficientemente informato sulle cure palliative, anche se quasi tutti assicurano di essere propensi ad attivarle per i pazienti eleggibili (ma solo quando le cure attive non incidano più sull’andamento della malattia). Tra i pediatri questo dato peggiora, e solo uno su tre si sente abbastanza ferrato sulle cure palliative pediatriche.
Ai medici è stato anche chiesto quali siano per loro le maggiori difficoltà nell’attivarle. Molti credono (con un evidente scarto rispetto ai risultati dell’indagine sui cittadini) che le persone siano poco informate, e che quindi parlare loro di cure palliative sia difficile. In realtà, come abbiamo appena constatato, non è più così. Emerge poi un impedimento più personale, che ha a che fare con una formazione insufficiente: non è facile dare informazioni su una prognosi a breve termine.
Nonostante i limiti che abbiamo evidenziato, possiamo affermare che questa ricerca mette in evidenza la presenza di una padronanza abbastanza diffusa, e di un giudizio molto positivo sulle cure palliative.
Il modello delle cure palliative si sta dunque facendo strada nella società e sta diventando vincente dal punto di vista culturale. Non è una buona ragione per sedersi sugli allori, ma questi dati ci permettono di misurare il percorso fatto, e di continuare con maggior fiducia il lavoro di sensibilizzazione dei cittadini e di formazione dei medici.
E ci induce inoltre ad abbandonare il vuoto luogo comune della società che nega, o rimuove, o tabuizza la morte, nella quale dunque è impossibile parlare di fine della vita, e di conseguenza di cure palliative.
Voi come leggete questi dati? Cosa ne pensate? Vi ritrovate nella constatazione di un miglioramento?