Una musica d’arpa per i morenti
Buongiorno amici, è con piacere che ricomincio a scrivere questo blog dopo un po’ di latitanza, dovuta da un lato alla mia convivenza col cancro, dall’altra al notevole impegno che comporta portare la giovane Infine Onlus a ottemperare alla sua mission.
Saprete, forse, che il New York Times ha un blog molto interessante per i lettori di Si può dire morte, dal titolo The End.
In The End, che ha una candela appena spenta come logo, sono pubblicati, con frequenza plurisettimanale, articoli che hanno il fine vita come tematica centrale, intorno alla quale ruotano varie considerazioni e molti autori.
Recentemente mi ha colpito un articolo intitolato Song of Transition (Canzoni del passaggio), scritto da Jennifer L. Hollis. Jennifer è una giovane musicista che suona l’arpa e che, di mestiere, fa la music thanatologist, che in italiano suonerebbe: tanatomusicologa, musicotanatologa o qualcosa del genere. Il fatto che la traduzione sia ardua la dice lunga. Non stiamo parlando qui esattamente di musicoterapia, termine che va sempre spiegato, ma che si è già sentito nelle nostre lande.
Jennifer non ha un atteggiamento terapeutico. Si reca nelle camere dei morenti, suona l’arpa e talvolta canta. Non suona però la prima melodia che le viene in mente, ma accorda il ritmo della musica a quello del respiro del morente. La musica, così, scrive Hollis, riflette il processo stesso del morire. Nella stanza la musica crea uno spazio più intimo, e il morente e la famiglia si preparano a dirsi addio con maggiore calma.
Talvolta le accade di essere presente quando la morte sopraggiunge, e questa esperienza le ha insegnato che esserci, anche se estranei, è importante per chi ci lascia e per chi resta: i familiari la ringraziano per averli accompagnati con la bellezza attraverso la loro sofferenza, per essere stata testimone del loro dolore. Attraverso il suo lavoro Jennifer ha imparato che lei stessa, e la sua vita, sono fragili e vulnerabili, e proprio per questo cerca di prendersi cura di ogni cosa con attenzione e con gioia. Benedetta consapevolezza della mortalità!
Jennifer non è negli Stati Uniti una figura isolata: oltre all’articolo per il New York Times e diversi altri, è autrice del libro Music at the End of Life: Easing the Pain and Preparing the Passage, e ha un sito web, http://jenniferhollis.com/. Il sito rinvia ad un’associazione internazionale della Music Thanatology (http://www.mtai.org/), con molti associati statunitensi, ma alcuni anche canadesi, australiani, inglesi, spagnoli e olandesi. Un’associazione professionale, che ha istituito l’ambito della musico-tanatologia nel 2004, e che ha anche una rivista, http://www.journal.mtai.org/.
E, se volete farvi un’idea della musica proposta, date un’occhiata a http://www.cdbaby.com/cd/claudiawalker. Clicca qui se vuoi assistere a Un’esperienza di musicotanatologia.
Per concludere, e per non farvi fare indigestione di siti, vorrei fare un’osservazione: in cosa consiste, in sintesi, la musico-tanatologia? E’ un ambito inerente l’accompagnamento alla morte, certo, e se volete è un modo per introdurre innovazione all’interno delle cure palliative.
E noi? Perché sempre così in ritardo? Può piacerci o respingerci la proposta della musica: non si tratta di questo. Perché siamo, tra i paesi europei, così poco creativi intorno a quel momento delicato, difficile, che è la fine della vita, che ci spaventa ma proprio per questo ci sfida? Perché sappiamo solo sempre delegare e fare gli struzzi?