Testamento, etica e donazioni.
Questa volta vi propongo un tema che si situa a metà strada tra le mie due competenze, quella degli studi sulla morte e quella della raccolta fondi.
Nei giorni scorsi è uscito sui giornali il caso di Radio Maria, che ha chiesto lasciti testamentari a favore dell’emittente, mediante una lettera del suo direttore, don Livio Fanzaga, inviata soprattutto agli ascoltatori anziani.
La storia che ha sollevato il caso è la seguente, raccontata sulla Repubblica da un’indignata Concita de Gregorio. Un certo Marco ha scoperto la madre che stava facendo testamento per la radio, e si è notevolmente irritato: lui non aveva mai parlato di testamenti all’anziana donna, per delicatezza, per non ricordarle l’avvicinarsi del momento della morte. Ed è arrivato invece questo screanzato sacerdote a farlo in sua vece (e contro i suoi interessi).
Radio Maria è un ente talmente indifendibile, per la grossolana impostazione dei contenuti del suo palinsesto, per le ben note stupidaggini pronunciate dal suo direttore (di cui il web trabocca, basta digitarne il nome), che il dibattito su questo tema è rimasto interno alla comunità di coloro che si occupano di raccolta fondi. Forse saprete che molti importanti enti non profit chiedono lasciti testamentari, come il WWF (Preoccuparsi del futuro dell’ambiente è una scelta generosa ed è anche una precisa responsabilità nei confronti delle generazioni che verranno, dei nostri figli e dei nostri nipoti), l’AIRC (Il lascito testamentario: una scelta unica per aiutare la ricerca a raggiungere nuovi traguardi), l’UNICEF (Gli occhi del padre, la bocca della madre, il sorriso può ereditarlo da te), eccetera.
Poi è uscita un’altra notizia, la richiesta di lasciti testamentari da parte di EMERGENCY, fondata da Gino Strada. Stessa reprimenda! E ho letto: “Il metodo Radio Maria sempre più in voga per sanare i conti in rosso. L’ultima frontiera delle donazioni è quella del testamento: cedere i propri averi – in parte o totalmente – una volta passati a miglior vita. È ciò su cui sembra puntare Emergency coinvolgendo i suoi affezionati…”(http://www.lettera43.it/economia/aziende/emergency-in-rosso-gino-strada-punta-ai-testamenti_4367598811.htm).
Ora, per chi si occupa di fine della vita occorre aggiungere un elemento alla riflessione: sapevate che solo il 10% degli italiani fa testamento, a fronte di percentuali ben più alte negli altri paesi, soprattutto anglosassoni? Questa bassa percentuale di testatori può essere letta, a mio parere, come una superstiziosa fuga dalla consapevolezza della mortalità. Tacere, rimandarne il pensiero, quasi servisse a tener lontana anche la morte.
Cosa ne pensate? E’ etico chiedere testamenti ai propri sostenitori, da parte delle associazioni non profit? Come possiamo affrontare il tema di ciò che resta di quello che ci è appartenuto? Vale la pena testare solo se siamo molto ricchi? Con chi e quando dovremmo (o non dovremmo) parlarne?