L’insonnia di Evita: le incredibili vicissitudini di una mummia, di Davide Sisto
Rendere presenti i “resti” della persona deceduta, di modo che ciascuno possa identificare chiaramente le spoglie e localizzare i morti, è generalmente ritenuta un’azione necessaria per il benessere tanto del singolo individuo quanto dell’intera società. Bisogna sapere con certezza di chi è il corpo del defunto e, soprattutto, dov’è il luogo in cui egli riposa eternamente per avviare un’equilibrata elaborazione del lutto.
In caso contrario, può succedere ciò che è capitato in Argentina a Evita Perón, l’amatissima politica e sindacalista argentina, vissuta nella prima metà dello scorso secolo. Per quasi vent’anni, infatti, il suo cadavere sparì nel nulla, vagabondando da una parte all’altra del mondo e lasciando nel popolo argentino il presentimento che le sanguinarie vicissitudini politiche – avvenute durante questo ventennio – siano state l’effetto dell’influenza spettrale di una salma privata del suo meritato sonno eterno.
Eva no duerme. Questo è il titolo di un film del 2015, diretto dal regista Pablo Agũero e dedicato proprio al cadavere senza riposo di Evita. Ma perché, dopo la sua morte, ella “non dorme”? Poco prima di morire Evita chiese al marito, il Presidente Juan Domingo Perón, di far imbalsamare il suo corpo una volta avuto luogo il decesso. Morì il 26 luglio 1952 e subito fu chiamato Pedro Ara, imbalsamatore e professore di anatomia, noto per aver – presumibilmente – restaurato la mummia di Lenin. Per tredici giorni il cadavere di Evita, truccato, pettinato e coperto da un sudario bianco e dalla bandiera argentina, fu esposto nell’atrio della Segreteria di Buenos Aires per l’ultimo omaggio da parte di migliaia di cittadini. Si narra che si formarono file lunghe anche due chilometri, a dimostrazione dell’affetto delle persone nei suoi confronti.
Trascorsi i giorni commemorativi, Ara cominciò a imbalsamarlo: lo lasciò immerso in vasche contenenti liquidi non identificati e iniettandogli, attraverso la carotide, una soluzione di formalina, di modo che penetrasse nel sistema circolatorio. Il lavoro di Ara durò circa un anno, passato il quale il cadavere di Evita fu posto su un letto sotto una cappa di vetro, lontano dalla luce del sole e dalle temperature elevate. Nessuno si occupò più della salma, anche perché in Argentina ebbero luogo sconvolgimenti politico-sociali, il cui culmine fu – due anni più tardi – la destituzione del Presidente Juan Domingo Perón. Il nuovo Presidente, Eduardo Leonardi, non si interessò alla vicenda, benché gli avversari antiperonisti non si fossero dimenticati di quella mummia. Quando sostituì Leonardi al comando del paese, il generale Aramburu decise di far scomparire la salma di Evita, affidandola al colonnello Moori Koenig, il quale la caricò su un camion. Si racconta che fu trasportata in diversi edifici militari per evitare che fosse ritrovata dai peronisti. La cosa curiosa è che, ovunque fosse messa, in quel punto specifico venivano puntualmente visti fiori e candele accese. La presenza “ingombrante” di questa specie di mummia spinse il colonnello Koenig, in balia di sopraggiunti squilibri mentali, a cercare di sbarazzarsene, tuttavia senza successo. Ciò non impedì comunque alla salma di Evita, nel corso degli anni, di arrivare in Europa, trasportata da un prete italiano, il quale consegnò poi ad Aramburu una busta con le istruzioni per un suo eventuale ritrovamento. Ma egli non volle prendersi questa responsabilità e diede la busta a un notaio con l’ordine di consegnarla, una volta deceduto, al suo successore. Nel 1970, venne giustiziato dal Movimento Peronista Montonero proprio perché non rivelò il luogo in cui si trovava Evita. Poco dopo si scoprì che era stata seppellita sotto falso nome nel cimitero di Milano. Solo nel 1974, in seguito ad altre vicissitudini, il cadavere finalmente tornò nella patria natia e, dopo essere stato risistemato, fu seppellito definitivamente nel cimitero della Recoleta, ottenendo il meritato riposo finale.
Questa incredibile vicenda, per cui le sorti politiche di un popolo sono state legate per quasi vent’anni alla ricerca di un cadavere mummificato scomparso, conferma l’importanza simbolica del rito funebre. La condizione del morto, che precede la sepoltura o la cremazione, è una condizione particolare, di confine. Il defunto, lontano dal riposo che gli spetta per definizione, è costretto a vivere in uno stato di passaggio, il cui termine è definito dal funerale che sancisce l’uscita dal mondo dei vivi e l’ingresso in quello dei morti. Finché si troverà in bilico tra i due mondi, egli verrà considerato come pericoloso, come una specie di spettro insonne che non riesce a diventare spirito. Uno spettro che, quindi, può avere – secondo i vivi – un’influenza negativa per la loro vita. Non è affatto un caso che la sparizione della salma di Evita abbia generato tensioni, squilibri mentali, preoccupazioni e violenze.
Cosa vi fa pensare questa vicenda? Ritenete sia necessaria per il proprio benessere psicofisico la consapevole localizzazione delle spoglie del caro estinto? Come sempre, attendiamo le vostre opinioni e i vostri commenti.
Sinceramente, io credo che la localizzazione del corpo, la sua visualizzazione e il sapere dove si trova aiuti a realizzare ciò che è successo.
Quando mi è capitato di perdere persone care e di non vederne la salma, mi è sempre rimasto come qualcosa in sospeso, e come la sensazione che non fossero veramente morti ma solo lontani.
E soprattutto credo molto nel rispetto e nalla giusta cura della salma, l’idea che questa possa girare per il mondo come fece la salma di Evita mi turba molto.
Infatti, in molti sottolineano, proprio per le ragioni che dici tu, come siano atroci da un punto di vista psicologico – per esempio – le morti in mare, quando non si riesce a recuperare i corpi delle vittime. Proprio perché non si riesce a riavere il possesso del corpo e sembra quindi impossibile localizzare il defunto.
Vorrei dire due parole sull’esumazione, una consuetudine che si situa all’opposto della mummificazione. In passato si riteneva che i familiari provassero una particolare commozione nel “rivedere” il cadavere e nel prendersene cura. Esistevano (esistono tuttora) loculi forniti di piccole aperture per la circolazione dell’aria, destinati alla permanenza temporanea dei cadaveri esumati, affinché dopo una prima pulizia si verificasse il disseccamento completo dei tessuti e i resti potessero essere trasferiti alla tumulazione definitiva. Non sono un’antropologa, altrimenti mi imbarcherei in un discorso sull’usanza malgascia di esumare i morti per ballare con loro e sentirli nuovamente vicini e in una benevola disposizione d’animo verso i vivi. Tutte le nostrane manovre sul cadavere da pulire e da sistemare, poi da riprendere e da risistemare, non mi sembrano più civili, commoventi, pietose del rito malgascio, né verso i morti, né verso i vivi. Aiuteranno forse i superstiti ad elaborare il lutto, ma certo costituiscono un metodo brutale per realizzare questo scopo. Ho ben chiaro il ricordo del collasso di mia madre, quando un becchino entusiasta la invitò ad entrare nella sala in cui era stato deposto il cadavere di mio padre dopo l’esumazione. “Signo’ ‘o dottore pare vivo!”. Diciamo che attendere almeno un altro paio di anni, prima di trasferire papà al loculo arieggiato, non avrebbe fatto male a nessuno. Oggi tutti i miei morti dormono sigillati nei loro tumuli, per espressa volontà di mamma, che se n’è andata nel ’91 chiedendo di non essere ulteriormente “maneggiata” (aveva subito un vero e proprio accanimento terapeutico). Per me, prevedo la cremazione e, possibilmente, l’interramento delle ceneri sotto una qualunque pianta da fiore. L’azoto fa benissimo alle piante, specialmente a quelle da fiore. L’urna? No, grazie.
Grazie mille per questa tua testimonianza, molto ricca e – da parte mia – pienamente condivisibile.
Trovo assolutamente terribile per chi rimane la pratica dell’esumazione.
E non vorrei vivere nemmeno l’esperienza malgascia, perché in realtà quello che conta non è il cadavere, o salma, ossia il corpo privato del suo effluvio vitale. Quello che ci manca è la “persona” che è morta, e purtroppo quello non si trova nel corpo inanimato, che comunque non fa piacere rivedere quando è deturpato dalla decomposizione.
Ricordo quando è morto mio fratello, 4 anni fa, in un incidente di moto. Quando l’ho visto in ospedale sembrava che dormisse, non aveva segni…lo stesso dopo due giorni all’obitorio. Ma per via dell’incidente, la Pretura dispose l’autopsia, e io, ingenuamente, parlai con il medico patologo, una dottoressa, cheidendole di essere gentile con il corpo di mio fratello.
Il giorno del funerale, complice forse il caldo, il fatto che era mancato da dieci giorni, l’autopsia, ho trovato un corpo che non corrispondeva alla persona che avevo conosciuto: con il capo fasciato dal cotone, mezzo viso che stava andando in decomposizione…non ho tratto alcun beneficio da quella vista, solo la consapevolezza che mio fratello non era più con noi.
Ho letto e riletto….Dio mio che triste, tristissima esperienza. Da spezzare il cuore. Non basta il dolore, ma pure ciò che viene dopo… Non ci si può più dimenticare….ti abbraccio forte!
A me non occorre vedere un cadavere e sono contraria a ogni forma di riesumazione, mummificazione, etc…. quando lo “spirito”, la vita o come volete definirlo, e’ andato, la parte fisica che resta non ha piu’ alcun legame con la persona. Non mi farebbe affatto sentire piu’ vicina la mamma il riesumarla ogni tanto. Lei era una donna vitale e amorevole, il suo corpo vinto dagli anni e dalla malattia merita di rifiore in un roseto.
Ho letto di recente un articolo sui cimiteri “ecologici” e mi sembra un’ottima idea, invece di conservare il piu’ a lungo possibile dei resti in casse di legno che marciscono sottoterra in cimiteri che sono distese di pietra, dovremmo fare rifiorire il pianeta.
Infine, esporre cadaveri e mummie lo trovo una mancanza di rispetto e nutrimento per curiosità’ morbosa. Ricordo che quando visitai il museo egizio mi diede fastidio vedere alcune mummie. Lo stesso per i vari reliquiari, scheletri e resti umani visibili in alcune chiese. La “localizzazione” per me non ha senso. Mi pare che nello scintoismo, gli spiriti dei defunti siano liberi nel vento. Legati a noi nei ricordi, ma non ingabbiatti, intrappolati, mummificati – liberi nel vento, per ritornare ad essere polvere di stelle.
Questa volta ho aspettato altre testimonianze, prima di dire la mia: sia per non “monopolizzare” il blog, sia perché l’argomento non mi pareva fondamentale. Nel frattempo, D.D. – sulle cui parole sono totalmente d’accordo – mi ha in sostanza preceduto. Lascio comunque intatto l’intervento che avevo preparato.
Conoscevo già le disavventure del cadavere di Evita Peron: che, se una cosa insegnano, è che anche le spoglie, così come il defunto, devono trovare alla fine pace e riposo. Onestamente, non so se inconsciamente in me resista – cosa a cui Davide stesso accenna – un residuo della paura atavica del cadavere che, se non trova adeguata sepoltura/cremazione, non solo non consente all’anima del defunto di trovare pace, ma che costituisce anche qualcosa da temere come pauroso e inquietante. Sta di fatto che mi fanno un po’ orrore non solo le imbalsamazioni, da Lenin a Evita, ma anche, per dire (come affferma D.D.), delle mummie egizie, esposte ancora, a distanza di secoli, agli sguardi dei curiosi (molto meno mi è parso – salvo errori – a Torino al Museo Egizio, rivisto dopo il recente rinnovo, dove erano ora esposte solo se avvolte da bende: forse per la folla di scolaresche, o per una forma di rispetto?)
La mia motivazione, a livello conscio, è questa: trovo questa pratica innaturale, ma anche irrispettosa e offensiva verso la persona, che, da morta, non può più difendere il proprio corpo privo di vita dagli sguardi, se non dalla curiosità altrui. Con tutto il rispetto per i credenti, trovo irrispettosa perfino la lunga esposizione delle salme dei Papi morti o di cosidetti santi (vedi l’esempio recente più famoso: Padre Pio; oppure a Milano in Sant’Ambrogio lo scheletro ben visibile del santo a distanza di secoli): mi sembra un rito che non ha niente di spirituale, ma mi fa venire in mente retaggi vetusti e pagani, giusto per accontentare la voglia di curiosità delle masse verso il macabro, cui si attribuisce una sorta di sacralità taumaturgica. In questo senso, forse ha ancora una sua valenza, per i cristiani, la credenza della resurrezione dei corpi alle fine dei tempi: di qui l’atteggiamento lungamente ostile della Chiesa verso la cremazione; di qui forse, anche la venerazione di reliquie corporee che hanno ben poco di spirituale.
Secondo me, i nostri antenati ci vedevano giusto: dalla mummificazione alla esposizione del cadavere (per non parlare dei casi-limite di chi si fa ibernare in attesa di rivivere fra qualche secolo), il tutto sembra ancora un rifiuto della presa di coscienza della morte, come se il corpo, così conservato, venerato e perfino visitabile in un luogo ben preciso, conservasse, oltre a un’aura di una sacralità, anche un barlume di potere della vita del defunto, negandogli però nel contempo la pace eterna e l’ultimo saluto.
Quindi, per rispondere alla tua domanda finale, se da un lato sono assolutamente d’accordo che il corpo del del defunto debba trovare presto riposo e pace, dall’altro non ho alcun bisogno della sicurezza della localizzazione del corpo del caro estinto, tant’è vero che che ho scelto la cremazione e la dispersione delle ceneri. Perchè non c’è un “dove” il morto continui ad esistere, se non nella memoria e nel cuore delle persone care.
Ho visitato il museo egizio molti anni fa. Mi hanno detto che adesso e’ cambiato molto, ma non ho avuto occasione di tornare a Torino. Inoltre, la civilta’ egizia non mi ha mai interessato particolarmente. Capisco che il pensiero della morte e la speranza di una “vita” postuma siano ossessioni comuni nelle societa’ umane, ma l’approccio egizio mi pare morboso (e sto minimizzando).
Quanto alla conservazione del corpo intero e ai vari tabu’ religiosi, ne abbiamo parlato con mio fratello, a proposito dell’assurdita’ della cosa. Immagino che i teologi abbiano riempito volumi con “casi particolari”, tipo di un devoto e buon cattolico, morto annegato, il cui corpo non venga ritrovato. Meriterebbe la resurrezione, ma manca la salma conservata intera… e che dire di chi muore in altri incidenti che danneggiano o mutilano i resti?
Quanto ai cimiteri, anni fa come tanti andai al Père-Lachaise solo per vedere la tomba di Jim Morrison. Quando infine ci arrivai, la trovai grottesca, coperta di oggettini vari e meta di pellegrinaggi per un tizio che in fondo era un drogato e un alcolizzato che non aveva aveva saputo apprezzare i doni ricevuti dalla vita.
Da quella spedizione, evito il turismo cimiteriale. Per ricordare chi ha fatto qualcosa di grande e meritevole si possono creare monumenti o altro.
Perdona se mi permetto di commentare il tuo post, ma la Chiesa cattolica non sostiene affatto che solo i defunti con corpi perfettamente conservati non meritano la resurrezione. Dio ha creato ogni cosa dal nulla, qundi non avrebbe nessun problema a ricreare corpi bruciati, mutilati, cremati e via discorrendo. Ed infatti la cremazione è assolutamente permessa. Altra cosa è la tumulazione che consente il perpetuo ricordo del defunto e la possibilità per chi lo ha amato e consciuto di onorarne la memoria
Da persona credente, sostenitrice però della cremazione e la cui madre ha scelto di tenere in casa le ceneri del figlio e del marito defunto, alle quali dovremo prima o poi dare tumulazione viste le recenti disposizioni della Chiesa Cattolica, che permettono la cremazione ma non la conservazione delle ceneri in casa o la dispersione, vi porgo la mia opinione.
Come detto, credo che la salma debba essere rispettata. Tutto ciò che la profana, compresa l’autopsia, oppure la costante esposizione alla vista altrui non mi trova d’accordo. Nonostante questo, io ho bisogno di vedere la salma dei miei cari per affrontare il distacco, anche se questa cosa mi reca dolore. Non ho avuto nessun problema a rimanere vicina alla salma di mio padre o dei miei parenti, e ho sofferto a posteriori a non aver potuto stare vicino a quella di mio fratello, che, in quanto vittima d’incidente stradale, è stato gestito dalle Autorità e non da noi. Ecco, quella la trovo una cosa orrenda.
Amo invece i cimiteri, da sempre, sia per l’aspetto architettonico, sia come luoghi della memoria, dove le spoglie dei defunti possono ricevere il saluto e gli onori di chi si ricorda di loro anche a posteriori. Se spargessimo tutto al vento, senza nulla di tangibile che ricordi, a parte i cuori di chi resta, finché resta, non avremmo monumenti e tombe a ricordarci non solo i nostri cari, ma anche i personaggi illustri che sono passati nel corso dei secoli.
Cara Elena, riguardo seppellimento/cremazione, come sai non esiste alcuna regola (per fortuna), e ogni scelta merita rispetto. Anche mio fratello (disabile) non ha voluto separarsi dall’urna delle ceneri di mia madre (che aveva voluto, oltre che la cremazione, la dispersione in natura). Io rispetto il suo desiderio, anche se prima o poi (invecchiamo…) si dovrà provvedere… e magari non potrò più farlo io perchè me ne andrò prima.
Anch’io ho voluto stare vicino alla salma di mia madre, da morta, pur in un’orrenda camera mortuaria dell’ospedale dov’era ricoverata. Mi sembra il minimo da fare. Fra l’altro, come ho già detto, anch’io amo i cimiteri, che trovo malinconicamente interessanti, e, dovunque sia andato, ho cercato di vederne qualcuno: anche quelli mi danno un’idea della cultura del paese, del suo passato e del suo presente (cosa sarebbe Praga – pur stupenda – senza il vecchio cimitero ebraico e la tomba di Kafka?). Però la putrefazione non mi piace proprio, sia per me che per i miei cari. La cremazione è più pulita: polvere sei…. Fra l’altro, è possibile conservare l’urna delle ceneri in molti cimiteri (forse tutti), se uno sente il bisogno di un posto in cui sostare e rendere omaggio al caro estinto.
Caro Giovanni, Sono assolutamente d’accordo con te per quanto riguarda la putrefazione, è il motivo per il quale tutti noi in famiglia siamo d’accordo sulla cremazione.
Anche la mamma non ha voluto separarsi dalle ceneri dei nostri cari, ma ovviamente un giorno qualcuno dovrà assumersi la responsabilità della tumulazione. E la possibilità di conservare le ceneri in un cimitero mi trova d’accordo, anche per permettere ad altri, non solo ai familiari stretti, di portare omaggio al defunto. Nel caso ad esempio di mio fratello, che era un professionista stimato e conosciuto, tante persone ci hanno chiesto dove si trovava per poter portare un fiore sulla sua tomba, e purtroppo questo non è stato possibile perché le ceneri sono conservate in casa.
Ovviamente rispetto qualsiasi scelta, visto che si tratta di un argomento estremamente personale.
A proposito dell’esposizione dei corpi, una studentessa mi ha ricordato questa mostra milanese, Real Bodies: http://www.realbodies.it/. Mostra che ha destato interesse ma anche scandalo (e tanti malori, come sostengono i quotidiani)