Stare vicini a chi è in lutto, di Marina Sozzi
Il lutto è un momento di cambiamento difficile, forse l’esperienza più dura di fronte alla quale si trova un essere umano. E’ un tempo rischioso: il legame profondo e costitutivo che ci lega alle altre persone implica il pericolo di smarrire noi stessi perdendo chi ci è caro. Al contempo, il lutto è un periodo potenzialmente fecondo, come tutte le situazioni che richiedono un cambiamento importante, una riflessione e una revisione della propria vita, delle proprie priorità, delle proprie relazioni e delle proprie scelte.
Vivere nella società occidentale non è di aiuto a chi è in lutto. La nostra cultura ha provato a eliminare la sofferenza (in generale) e la sofferenza legata al lutto in particolare. Richiede a chi ha subito una perdita di fare in fretta a risolvere il proprio lutto e stare di nuovo bene, tornare a produrre e soprattutto a consumare. Sul lavoro si possono prendere tre giorni per lutto, poi – se non è ancora possibile tornare a lavorare – occorre mettersi in mutua. E, dal punto di vista simbolico, mettersi in mutua significa essere malati.
La maggior parte dei riti legati alla morte sono scomparsi, soprattutto nello spazio urbano. La nostra civiltà non elabora, non riflette, non inventa rituali e usanze sociali sull’esperienza della morte, e ha relegato nell’interiorità dell’individuo la difficoltà del lutto. Il dolore per la perdita è diventato un problema interno alla psiche degli individui, che coinvolge solo in minima parte le reti sociali dei cittadini. La psicologia ha avuto in gestione il lutto, così come alla medicina è stato delegato il trattamento della fine della vita.
Non stupisce quindi che la maggior parte delle persone in lutto si trovino in una profonda solitudine, poco accolte, poco accettate da una cultura imbarazzata dal dolore umano e ancor più dalla morte.
Questa è la ragione per cui si è creata l’esigenza di offrire strategie per sostenere chi è in lutto.
La proposta di aiuto si sta diffondendo, anche se solo a macchia di leopardo sul territorio italiano (se vi interessa approfondire, andate qui). Gruppi di Auto Mutuo Aiuto, gruppi condotti da un terapeuta, colloqui individuali, anche via Skype, metodi basati sulla narrazione o sulla corrispondenza, blog o forum. Chiedere un aiuto strutturato o professionale, quando si soffre per una grave perdita, può essere decisivo. Siamo animali sociali e non siamo fatti per risolvere complessi cambiamenti esistenziali in solitudine.
Inoltre, non va sottovalutato l’aiuto che proviene dal nostro entourage amicale e sociale. Se riuscissimo a mettere da parte il disagio e il timore di essere invadenti, per stare vicini a chi ha perso un familiare nella nostra cerchia, eviteremmo di creare in lui la sensazione dolorosa di essere schivato e allontanato, che lo induce a ripiegarsi su se stesso.
Come? In primo luogo offrire il nostro ascolto e la condivisione dei ricordi concernenti il defunto, talvolta la narrazione reiterata della morte: un sostegno emotivo empatico, che deve però saper continuare nel tempo. E’ frequente oggi che tutti si stringano intorno al sopravvissuto subito dopo il funerale, per poi prendere le distanze. Un tempo esisteva, nei primi giorni e settimane dopo la morte, il cónsolo, ossia l’usanza di portare cibo a casa del defunto, affinché i familiari potessero nutrirsi, anche se non avevano la forza di occuparsi di sé.
Anche oggi questo tipo di sostegno pratico è particolarmente gradito. Non solo preparare una torta o una cena, ad esempio, ma anche aiutare a sbrigare burocrazie, informarsi sul sostegno disponibile, telefonare a istituzioni e associazioni: nella maggior parte dei casi chi è in lutto si sente spossato e privo di energia, e fa fatica a prendere iniziative.
Occorre anche rispettare i tempi del dolente, senza spingerlo ad abbreviarli troppo, evitando le frasi fatte, tipo “il tempo guarisce tutto” o “chi vive si dà pace”. Evitare di dare consigli, specialmente sul processo e sui tempi di elaborazione del lutto, e in generale limitarsi a suggerimenti esplicitamente richiesti. La relazione d’aiuto che si viene a creare in questi casi è particolarmente preziosa e arricchente, sia per chi ha subito la perdita, sia per chi offre la sua disponibilità.
Avete esperienze in merito, sia per lutti che avete vissuto, sia per l’aiuto che avete dato a vostri amici o parenti? Potete raccontare le difficoltà che avete incontrato? Di cosa avreste avuto bisogno?
Quanto viene suggerito per dare aiuto a chi vive un lutto è veramente opportuno, ma purtroppo, in questo nostro vivere chiusi nelle nostre piccole cose, senza riuscire ad avere rapporti di “buon vicinato” senza avere rapporti che vanno al di là di frasi scontate quando ci si incontra – questo anche fra parenti – non è poi facile inserire discorsi di com-partecipazione o di offrire aiuto per sollevare da incombenze nercessarie al momento. ci si sente inadeguati, a disagio, si ha veramente paura di essere giudicati invadenti, si rimane di lato in attesa della richiesta di aiuto che non sempre ci viene richiesta. e quindi, forse si perde una opportunità di dare. questo mi è successo con una sorella che rimasta vedova ha glissato alla mia proposta di essere presente, e non mi è rimasto altro che allontanarmi.
Riflettevo in questi giorni sui diversi modi di affrontare il lutto. Conversando con una signora che a priori si preoccupava di come affrontare la sua morte e quella dei suoi cari, situazione a suo parere insostenibile, notavamo quanto il mio senso della famiglia, il mio senso di appartenenza, è molto diverso dal suo. Chissà se le mie origini “montanare” c’entrano .. una chiusura che per paradosso è apertura, rispetto, senso di libertà, appartenenza alla natura più che alle persone e, la morte, ne fa parte. I nostri cari se ne vanno; ci mancano ma li lasciamo andare senza per questo dimenticarli o sentirci in colpa. Perché alcuni non riescono a lasciarli andare? Perché sembra un peccato gioire di nuovo? Quanto la “solitudine” della città influisce? Quanto essere identificati con un ruolo confonde nel momento che questo non serve più? Elaborare il lutto è fondamentale e tutte le iniziative su questo tema sono importanti. Certo non è facile essere d’aiuto quando si cresce in culture tanto diverse! Il mio sentire può essere percepito con durezza può lasciare perplessi e allora sono cauta e l’ascolto è l’unico sostegno che posso dare. Nelle malattie non basta curare i sintomi, bisogna trovare la causa. Nella mancata elaborazione del lutto quale ne è la causa? La morte fa paura, si parla di affrontarla riconoscendo i nostri limiti. Se ho un limite, ho un confine, un’identità, sono integro nel senso di completo. Con questo in mente, proseguo il mio cammino di sviluppo integrale e chissà che questo possa tornare utile a chi mi è vicino e a chi incontrerò. Personalmente ho vissuto la perdita di molti cari ma niente mi ha sconvolto quanto la morte di mia suocera in una città, dove il comune fornisce il servizio funebre. La sensazione è stata: liberarsi subito di qualcosa che non serve più come si fa con la spazzatura. Questo è entrato a far parte della normalità, ma l’ho vissuto come mancanza di umanità e l’indifferenza generale mi ha fatto molto male. Non potendone parlare con qualcuno senza ferirne inutilmente i sentimenti, mi ci sono voluti mesi per ritrovare la serenità. In conclusione, penso che il primo passo per elaborare il lutto sia il rispetto del rito funebre: laico, religioso, o pagano che sia. Poi il lavoro su chi rimane è una strada molto in salita .. Grazie per la possibilità offerta di raccontarsi.
Dopo la morte di mio padre il silenzio/ assenza di mia madre e di mia sorella è imbarazzante: come se nom fosse successo nulla. Chi non è cattolico osservante non ha sentimenti. Il tutto peggiora in questi giorni, non farsi vedere davanti alla lapide con un mazzo di crisantemi sembra un insulto. A me manca mio padre, tanto
E’ vero, un aiuto pratico e logistico nei primi momenti è molto apprezzato. Ho perso mia figlia in un incidente e ancora mi commuove il ricordo della collega che ha organizzato dietro le quinte il funerale distribuendo incarichi ai nostri studenti, che sono stati un “servizio d’ordine” discreto ma efficiente.
E’ anche vero che dopo pochi giorni quasi tutti spariscono, perché non sanno cosa dire e hanno paura di essere invadenti o inopportuni. Ricordo con orrore i commenti più assurdi degli sconosciuti, a cominciare dall’impiegata del Comune a cui siamo andati a chiedere il certificato di morte, che ci ha fatto una ramanzina dicendo che non dovevamo soffrire, perché sennò la figlia nell’aldilà sarebbe stata male per noi.
E’ di aiuto parlarne con chi ha la stessa esperienza alle spalle, il gruppo di aiuto per “genitori orfani” trovato on line è stato molto importante per me. Ma onestamente, non posso dire di avere “elaborato il lutto”. Non credo che la perdita di un figlio si possa elaborare in nessun modo, sarà perché non sono credente, o perché non sono di montagna? E’ molto bello a parole dire “bisogna lasciarli andare”, ma quando si tratta di un figlio vuole dire lasciare andare la tua stessa vita, quindi devo ancora capire, dopo sei anni, come questo sia possibile.
Grazie per il tanto lavoro che c’è dietro a questo sito, lo apprezzo molto.
Siamo sulla stessa barca, cara Daniela, e remiamo come possiamo….anche noi dopo 6 anni dalla perdita di un figlio meraviglioso di 25 anni in incidente stradale anche lui, molto particolare, ma che importa….lui non è più con noi.
Non si potrà mai elaborare la perdita di un figlio, come tu dici, è impossibile.
L’unico aiuto può venir dalla Fede, dalla certezza, se vuoi ti dico viva speranza, di riunirsi con lui/lei un giorno nell’Aldilà. E non hai motivo di dubitare che un Essere Superiore ed un Mondo Spirituale esistano, non sarà magari come viene raccontato perchè a nessun umano è dato sapere… ogni Religione lo illustra per immagini secondo le sue tradizoni e i suoi riti, ma che importa…sarà quel che sarà e il fatto che noi siamo Cattolici fa solo sì che lo vediamo in un certo modo….ma stai certa…rivedrai tua figlia un giorno e sarà una grande gioia per entrambe! Non essere Atea, non può esserci solo la materia e/o l’energia…lo Spirito si avverte nella Natura stessa se stai ad ascoltarla.
Io e mia moglie (che soffre questa vita terrena residua ancor più di me, perchè- c’è poco da dire- i figli li portate nel vostro ventre voi donne e questo crea un legame enorme) CREDIAMO, abbiamo iniziato quel giorno quella che definiamo una seconda vita, una vita tutta diversa da quel che ci saremmo aspettati per questi anni, in cui cerchiamo di più di prima di fare del Bene, di essere più vicini al nostro prossimo, di cogliere gli aspetti positivi e sostanziali che la vita può ancora darci, in un a luce diversa da prima, ecc ecc. e sentiamo che il nostro figlio, divenuto un Angelo, dal Cielo (non è un Cielo fisico, è il Mondo Spirituale, benionteso, che ritengo una dimensione parallela alla nostra, non comunicante) ci segue, ci ispira e ci aiuta…a volte lo rileviamo su cose concrete: tu dirai che sono nostre illusioni ma io credo fermamente che non sia così.
Ti abbraccio anche se non ti conosco di persona, ma so bene quali sentimenti, angosce, lacrime ancora non spuntate porti dentro di te, e porterai fino alla fine.
Maurizio
Grazie per i vostri preziosi commenti!
Stavo giusto pensando cinque minuti fa che dopo la morte di mia madre non mi ha aiutato molto quasi nessuno e ho pensato di vedere se c’era qualche articolo nuovo nel sito…. mia madre è morta sei mesi dopo mio padre, qualche giorno prima dell’inizio della primavera. 7 mesi fa lei e poco più di un anno lui. Erano anziani ma non malati, quindi la scomparsa è stata improvvisa e – soprattutto nel caso di mia madre, inaspettata.
Mio fratello è stato l’unico con cui ho potuto parlare di loro e ricordarli, guardando le moltissime foto che abbiamo. Ma lui è un tipo molto sbrigativo, quindi a parte qualche chiacchierata il supporto morale è stato scarso. Il messaggio non esplicito è stato “Riprenditi alla svelta, tanto sono andati”.
Mio marito mi ha ascoltato e cercato di consolarmi, ma i primi due mesi dalla morte di mia madre non riuscivo a dormire senza medicine e di giorno restavo a ciondolare come uno zombie, a casa in malattia. Non sono mai stata così male, con un senso di vuoto, di angoscia e di disperazione che sembrava non finire mai. In tutto ho fatto quasi tre mesi di malattia, con visite psichiatriche e terapie varie. Mio fratello mi chiedeva stupito come mai ero ancora a casa…..
Per fortuna il mio capo è stato comprensivo, visto i due lutti a breve tempo. Gli amici hanno offerto condoglianze, alcuni erano veramente addolorati, ma dopo qualche mese ho capito che non volevano più sentirne parlare. A settembre ho passato una settimana con amici e l’argomento non è stato neanche sfiorato. Io non ho detto niente, perché ho capito che non volevano parlarne, ma avrei voluto discutere con loro, anche delle loro perdite. I genitori della mia amica sono deceduti entrambi anni fa, la madre di suo marito è al momento malata… pensavo che ci avrebbe fatto bene discuterne. Invece niente.
Insomma, io vorrei ancora parlare di mia madre e riuscire a raggiungere quel momento in cui si riesce ad essere contenti per i bei momenti vissuti, invece di rimpiangere che siano finiti, ma mi sento veramente sola.
Al momento prendo meno ansiolitici e riesco a guardare le foto della mamma senza piangere. Li sogno spesso. A volte lei da sola, a volte tutti e due. Non da anziani, ma com’erano vent’anni fa. I sogni sono cominciati dopo una settimana dalla morte della mamma: il primo è stato tristissimo – sognai che mamma era viva e che la notizia della sua morte era stata un errore. Poi mi svegliai e mi ricordai che era il contrario.
Adesso li sogno in situazioni normali, da vita di tutti i giorni, con episodi simili a quelli accaduti. Sono sogni che mi rasserenano e mi dispiace svegliarmi.
PS io vivo all’estero e qua gruppi di sostegno non ce ne sono o non so come trovarli.
Cari Daniela e Maurizio, vi comprendo bene e vi sono vicina. Anche io ho perso mio fratello di 40 anni in un incidente, e pochi mesi dopo è mancato il papà, per una malattia cronica.
Per me, che ero sua sorella, la perdita di mio fratello è ancora inconcepibile, dopo 4 anni, ancora più di quella di mio padre perché totalmente inaspettata e innaturale, e non oso pensare cosa possa essere per mia madre. ho un altro fratello, con il quale non parlo spesso di quello che ci è capitato, lo faccio ogni tanto con mia mamma, ma mi rendo conto che per lei parlarne è doloroso e quindi lascio perdere.
Quello che mi manca è proprio la possibilità di parlare della morte, della perdita con qualcuno che mi capisca, di esternare le ansie e le paure che mi sono rimaste. So che esistono i gruppi di auto aiuto, ma a me piacerebbe poter fare questo con la mia famiglia e con i miei amici, ma mi rendo conto che non sono argomenti che affrontano con piacere e lascio perdere.
Anch’io spero e credo che un giorno li rivedrò e credo che quello sarà un gran momento. Nel frattempo, un po’ sopravvivo, e un po’ cerco di essere una persona migliore, e di dare agli affetti quanto più spazio posso. Di sicuro, la perdita delle persone care ci cambia la vita
Perdere un affetto e’ perdere una parte di se stessi.
Quando è successo a me e purtroppo più volte, mi sono data tempo. Ho pianto, ricordato, scritto e letto.
Ho letto tanto saggi, esperienze, ho scritto di ricordi, di sensazioni, di dolore, di domande senza risposta è mi sono messa in ascolto, senza chiedere mai a questi miei cari di tornare o fornire prove. Nel tempo mi sono costruita la mia verità, quella che mi permette di alzarmi ogni mattina senza angoscia, quella che mi permette di vedere e apprezzare ancora tante cose belle. La mia verità parla di una realtà paralllela, dove le anime o le energie dimorano, capaci di stabilire in qualche modo un contatto con la realtà terrena. Chiamali fili di luce, chiamali angeli custodi ma ci sono. La natura è parsimoniosa, nel suo ciclo naturale tutto ricicla e usa perché dovrebbe far disperdere nel nulla L affetto?
Dear KAREN, my beloved!
I was waiting for you to come and pay me a visit as you promised me few months ago, as soon as you knew of my last stroke.
But now, terrible to say, I cannot have this hope anymore. You decided to leave for your last journey!
My thoughts and prayers are now with you, your mother and your sister TINA. There is nothing I can do to ease their pain.
We’ll all miss you terribly.
We’ll never forget your warm smile and gracious welcome to everybody you met. Our confusion and pain are so much worse than we could imagine.
I feel frustrated, because I couldn’t give you any help. I feel impotent, because unable to do anything at all! Not even to come to your funeral.
I’m angry because our destinies were so hard for us.
I want you to know I love you very much indeed and I did since your birth.
Due to the situation we lived in, maybe you might have thought I didn’t. But I can assure you that you’re wrong!
My frustration is I wasn’t able to give you the proof of my love. Distance has played a big role in all this. We have lived apart from each other most part of our lives. I feel deprived of my right to be your father, to grow you up, to help you get up at each fall, to be at your side in case of need. But unlucky for me, I couldn’t be there! This was and is a big pain in my heart.
Few months ago you asked me if you could call me dad.
I was so happy. I thought finally I made it!
Unlucky enough you gave me this chance just for a very short time. You’re not here anymore and now to whom I’m dad?
Of course, you must have suffered severe pain, unbearable for you alone. I’m sure you had a broken heart. That’s the reason you must have decided to give up!
My dear, my pain is I couldn’t be there to give you my heart too, so to share the heaviness of life.
I was proud of you, for your bright intelligence, for your smart creativity, for your delicate sensitivity.
I always think of you, as you wrote to me in your last email, that you were thinking of me. This is the only way I can see you still alive, in my mind, in my heart and in my spirit.
It’s not natural that parents survive their children, of course it’s the biggest pain, according to what I feel since you left.
But I’m sure that now, I can feel it, you found your peace at last. The peace only our Lord can give! He cannot refuse it to you, because as it is written in the Bible, St. John, 3,18, Jesus came not to judge, but to save us. Certainly, you’re there under His protective sight, painting the beaty of Paradise!
KAREN, my beloved, you left a big emptyness that nobody can fill. I strongly embrace you for ever! Ben
sono una donna di 62 anni, nubile e figia unica, ho vissuto con i miei genitori pur lavorando , nel rispetto delle reciproche esistenze.
Da oltre 6 anni papà si è ammalato e l’ho assistito regalandogli una vita piena e serena sino a che ho potuto poi ad aprile ho capitolato e papà è andato in struttura fuori milano per ragioni economiche e ora sta morendo. Non l’ho mai lasciato solo, l’ho amato come il figlio che non ho avuto, ora vederlo in agonia con il viso e il corpo smagriti, la maschera dell’ossigeno, la perdita completa del sè , mi stanno distruggendo. Non reggerò alla sua morte. Non l’accetto, pi vi è mia madre che sto assistendo io a casa con il congedo della 104, perchè di recente ha avuto uno scompenso cardiaco e mi sono arrangiata da sola nella diagnosi nel completo disinteresse del mmg e delle strutture ospdaliere che non hanno compreso cosa stava accadendo, giorni di ps per niente… poi una mia illuminazione, una cardiologa privata, vari tentativi di cura sino alla stabilizzazione attuale, certo la morte di papà scompenserà il tutto…sono sola, senza amicizie e guradata un pò con sospetto quasi come una esagerata, se non come una strana che non ha avuto figli , quasi una ossessiva. In fondo sono due vecchi di 91 e 94 anni, ma cosa pretendevo che fossero immortali? questo mi viene detto dai vicini senza tanti giri di parole e io mi sento sola senza nessuno con cui condividere un dolore tanto grande, le amicizie poi liquidano il tutto come una fisima di chi non ha avuto figli e quindi non ha capito nulla della vita. Non ho sogni nel cassetto, nè slancio vitale. Mi sento una aliena, non ho più desiderio di nulla.
Papà è morto questa mattina alle ore 4. provo un sentimento di vuoto mai vissuto in nessuna altra esperienza di vita ed ho il terrore di non sopravvivere a tanto dolore…….
Io invece spero che lei, con tutta la sua umanità e con tutto l’affetto e l’amore che ha dato ai suoi genitori, possa parlare di tutto con qualcuno che la possa sentire, ascoltare, capire, e che possa ancora desiderare di andare avanti e di vivere per lei e per tutto quello che ha fatto.
Lei se lo merita. Deve essere forse aiutata a poter avere quella voglia, quel desiderio.
La sua vita l’ha spesa bene, l’ha dedicata al bene verso i suoi genitori, nessuno che le dice il contrario può aver ragione. Spero davvero lei ci sia ancora e voglia andare avanti, magari potendo essere aiutata da qualcuno in grado di poterlo fare, assieme a lei.
Io purtroppo, anche io da figlio unico, sto vivendo un lutto doppio per entrambi i miei genitori e, in particolare l’ultimo, con sensi di colpa, perchè non mi sono reso conto e ho sbagliato troppe cose. Spero a mia volta di continuare ad essere aiutato.
Mio padre è venuto a mancare 9 mesi fa ed io ho 29 anni. Mi è crollato il mondo e oltre a questo peso ho dovuto sbrigare da sola tutte le pratiche, ho dovuto confortare mia madre, ho “dovuto”. Dal giorno del funerale non ho più visto i fratelli di mio padre e le relative famiglie e quando qualcuno di essi incontra mia madre per caso, non fanno altro che dire che mio fratello (34 anni e con una sua famiglia) ha bisogno del nostro sostegno. Così come era mio padre, non esterno mai i miei sentimenti, soffro sempre dentro e questo viene forse percepito come se la mia guarigione fosse già avvenuta. Sono stanca di dare e che si pretenda da me, quando in realtà in questo momento avrei bisogno io, di ascolto soprattutto. Temo che questo si possa ripercuotere in futuro nella mia vita.
Ho perso mio marito due anni orsono dopo 50 anni di matrimonio senza figli e accordo e amore bellissimo.Purtroppo quel giorno mi trovavo a far visita a Mia cugina e al rientro mi trovo appartamento incendiato con mio marito morto per aritmia cardiaca con in Mano la sigaretta.non ho potuto vederlo Ed Ora non riesco a superare il senso di colpa per la Mia assenza.Mi reco Tutte Le settimane da una psicologa ma purtroppo il Dolore per la sua perdita e pure viene a mancare affetto,una parola,sostegno.La persona Che scompare si porta dietro una parte Della tua vita.Cordiali saluti.2
Ho perso mia moglie e compagna a marzo dopo 32 anni insieme. Cosa dire. La perdita è incolmabile. Il lutto è una delle esperienze più dure. La vita cambia completamente. Sei un naufrago. Spero un giorno di capire il senso della vita. Per ora penso che al di là della fede quello che non si ricicla è spirito. Un po’ mi consola, però l’immagine di lei che se ne va non potrà mai sbiadire. Penso che tutti capiscano la gravità dell’accaduto e quindi la difficoltà ad affrontarlo. Credo ci voglia tanto tempo per entrare in questa nuova fase. L’amore però rimane intatto perché è immortale e questa è l’eredità che mi ha lasciato Monica, la mia dolcissima moglie, amica, e metà.