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Tag Archivio per: living will

La legge 219 parte seconda / le DAT, di Marina Sozzi

24 Maggio 2018/9 Commenti/in La fine della vita/da sipuodiremorte

Speaker at Business Conference and Presentation. Audience at the conference hall.Continuo il ragionamento sulla legge 219/2017. Non è un caso che il tema del consenso informato e quello delle dichiarazioni anticipate di trattamento siano stati riuniti in un’unica disposizione di legge. L’idea del testamento biologico (decidere cioè, ora per allora, a quali trattamenti vorrei o non vorrei essere sottoposto qualora dovessi perdere la lucidità e la coscienza) non avrebbe potuto emergere se non fosse stato messo in dubbio il paternalismo medico. Nel contesto di una cultura che pratica il paternalismo medico, una legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento sarebbe priva di senso. Infatti, se si dà per scontato che sia il medico a dover prendere le decisioni sulla salute del suo paziente quando quest’ultimo è vigile e lucido, a maggior ragione sarà il medico a stabilire il da farsi se il paziente non è cosciente. I primi articoli della legge sono così un’imprescindibile premessa per l’art. 4 e seguenti. E’ stato lungo e difficile ottenere questa legge, proprio perché di fatto la nostra cultura medica, ma anche la nostra cultura in generale, sono ancora impregnate dal paternalismo.

In Italia, solo nel 1992 la Consulta di Bioetica aveva approvato una Carta dell’Autodeterminazione, che affermava il diritto dei pazienti a prendere decisioni sanitarie sul proprio corpo. Il testamento biologico, living will, o dichiarazioni anticipate di trattamento prendono forma come idea solo alla fine del secolo scorso, e sono tema ricorrente nel nuovo millennio.
In Italia ha contato molto la battaglia di Beppino Englaro per la figlia Eluana, che ha smosso le coscienze su quei casi, creati dalla medicina contemporanea (nel caso di Eluana lo stato vegetativo permanente), di persone tenute sospese tra la vita e la morte, perché qualcosa era andato male in una rianimazione, e non si poteva più tornare indietro e lasciar scivolare nella morte il malcapitato. Con questa legge, se Eluana avesse lasciato le sue disposizioni anticipate, non si sarebbero dovuti attendere diciassette anni prima di poterle sospendere l’alimentazione artificiale.

La legge 219 è dunque indubbiamente un considerevole passo avanti: la legge permette, oltre che la stesura delle proprie dichiarazioni anticipate, anche la nomina di una persona di fiducia, il cosiddetto fiduciario, che faccia le veci del paziente privo della capacità di autodeterminarsi e lo rappresenti nelle relazioni con i medici e le strutture sanitarie.
Tuttavia, anche in questa seconda parte della legge vi sono lacune che rischiano di inficiarne l’efficacia, e prima tra tutte l’assenza di ogni stanziamento in denaro per raccogliere adeguatamente i testamenti, far conoscere la legge e facilitare i cittadini che vogliono testare.

Diamo un’occhiata al resto del mondo, dove le Dat erano già legge diversi anni o decenni prima che in Italia. I dati non sono molto numerosi, né facili da reperire. Tuttavia, una ricerca in questo senso è stata condotta dall’Istituto di etica biomedica dell’Università di Zurigo nel 2008.
In Olanda, paese considerato molto avanzato per la legislazione sul fine vita, è presente una legge sulle Dat dal 1995. Nel 2008, cioè circa due decenni dopo la promulgazione della legge, testavano il 10% degli anziani tra 61 e 90 anni; mentre il resto della popolazione tra i 20 e i 60 anni ha lasciato disposizioni anticipate nel 3% dei casi. Solo il 7% delle persone con demenza aveva steso un testamento biologico. Se questi dati vi sembrano deludenti, sentite questi altri. In Austria la legge è presente dal 2006. Due anni dopo, dice la ricerca, avevano testato 3000 persone, meno dell’1% della popolazione, e si trattava di persone con malattie terminali, persone che rifiutano alcuni trattamenti per ragioni religiose, come i Testimoni di Geova, e alcuni anziani.
In Belgio la legge è stata promulgata nel 2002. Nel 2008 non esisteva un registro nazionale, e meno del 5% dei pazienti ricoverati in ospedale (non dei cittadini) aveva testato. Dati analoghi abbiamo per la Finlandia.
Per quanto riguarda la Spagna, possediamo dati più recenti grazie a un articolo scientifico di Pablo Simon Lorda, bioeticista spagnolo che collabora anche col Pais. I cittadini spagnoli vedono la legge (del 2008) di buon occhio, ma solo 23.000 hanno lasciato dichiarazioni anticipate, una percentuale di cittadini inferiore all’1%.
Non faccio altri esempi per quanto riguarda l’Europa. E’ evidente che in mancanza di un investimento rilevante in termini di informazione della popolazione e di supporto ai cittadini che desidererebbero lasciare le loro dichiarazioni anticipate, nulla si muove.

Interessanti, da questo punto di vista, i dati che riguardano il Canada. Nel paese ci sono state moltissime iniziative pubbliche per promuovere la pianificazione delle cure e la nomina di un amministratore di sostegno. Nel 2008 è anche stato fondato anche il National Framework and Implementation Project, al fine di fare educazione su questo tema sia per gli operatori sanitari sia per i cittadini. Risultato: il 96% dei cittadini ritiene che sia importante parlare con i propri cari di questa pianificazione, ma solo il 13% ha testato. E’ una percentuale comunque diversa dai paesi citati prima, ma che ci indica quanto lungo e paziente debba essere il lavoro culturale per arrivare a un cambiamento concreto di mentalità e quindi di prassi.

Un caso a sé, che andrebbe meglio indagato, è rappresentato dagli Stati Uniti, dove ha testato il 26% della popolazione (dati raccolti nel 2014 dall’American Journal of preventive Medicine). La legge è presente dagli anni Novanta nella maggior parte degli Stati. Testare è reso facile in quasi tutti gli USA, perché è possibile prendere un appuntamento per lasciare, in presenza di due testimoni, le proprie volontà. Questo 26% è formato da pazienti anziani, con uno status sociale tendenzialmente alto e con un rapporto continuativo con un medico di “primary care”, l’equivalente del nostro medico di famiglia.

Due considerazioni su questi ultimi dati. La prima: ritengo che sia stato un errore non dare ai medici di famiglia la responsabilità di raccogliere le Dichiarazioni anticipate. Sarebbe stato un modo per farli riflettere (anche sul consenso informato), e si sarebbero evitati i numerosi casi che mi sono stati raccontati, di pazienti che chiedono consiglio al loro medico per la compilazione delle Dat e si sentono rispondere che non è compito suo. Inoltre, si sarebbe evitata la situazione dell’Italia a macchia di leopardo, dove alcuni Comuni si sono attivati per raccogliere i testamenti e altri no. Infine, si sarebbero resi i testamenti più facilmente reperibili. Vi immaginate una realtà ospedaliera che deve ricuperare le vostre Dat negli uffici del vostro Comune, magari in una situazione di relativa urgenza?

La seconda considerazione. E’ noto che compilare le proprie dichiarazioni anticipate comporta andare con il pensiero a un futuro nel quale non vorremmo mai trovarci: una situazione eventuale in cui avremo perso la lucidità e la capacità di autodeterminarci, e saremo massimamente vulnerabili ed esposti all’ubris della biomedicina, per quanto benintenzionata. Lasciare il proprio testamento biologico è pertanto operazione anche emotivamente non facile, in cui i cittadini andrebbero accompagnati. Altrimenti la legge servirà a pochi privilegiati, a una élite culturale e sociale, mentre la grande maggioranza della popolazione resterà subordinata al volere altrui. Qualcuno penserà forse che la correttezza di un diritto, come quello stabilito da questa legge, non si misuri dal numero di persone che decidono di esercitarlo. E siamo d’accordo.

Tuttavia, ritengo che una legge come la 219/2017 contenga in sé eccellenti potenzialità per il cambiamento della prassi medica e della relazione medico/paziente, per la riduzione degli sprechi in sanità determinati dalle ultime inutili indagini diagnostiche, dagli ultimi interventi, dall’accanimento terapeutico che rifiuta di vedere nel malato non più un paziente grave ma un uomo che muore. Sarebbe valsa la pena di fare un investimento su questa legge.

Voi come la vedete?

https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2018/05/Depositphotos_24201719_s-2015-e1527173658249.jpg 265 350 sipuodiremorte https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2024/05/93409bba-2fe8-4231-86b3-36648bff989e.png sipuodiremorte2018-05-24 16:55:292018-05-24 16:55:29La legge 219 parte seconda / le DAT, di Marina Sozzi

A che punto siamo con le DAT? Intervista all’avv. Giulia Facchini Martini

20 Febbraio 2017/7 Commenti/in La fine della vita/da sipuodiremorte

Last Will and Testament form with gold jewelry, close-up

Il 27 febbraio arriverà in aula alla Camera il provvedimento sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento (DAT) o testamento biologico. Che cosa si intende esattamente per “Dichiarazione anticipata di trattamento” e a che cosa serve?

Premetto che mi riservo l’esame del progetto di legge unificato quando verrà approvato, dato che l’argomento è “sensibile” e le modifiche potrebbero essere di pregnante rilievo. Il termine “testamento biologico” deriva dall’inglese “Living Will” ed è meglio definito come “Direttiva anticipata di trattamento”, una formula che esprime più chiaramente l’inderogabilità della volontà del paziente. Per mezzo della direttiva anticipata di trattamento ogni individuo può chiedere, qualora si trovasse in una situazione di incapacità a manifestare il proprio consenso informato alle cure, di non essere sottoposto a trattamenti medici che non accetta o che considera lesivi della propria dignità sulla base delle sue personali convinzioni etiche o religiose.

Da un punto di vista legale, che cosa differenzia la dichiarazione anticipata di trattamento dall’eutanasia?

Con il testamento biologico la persona compie una scelta, proiettata nel futuro, e fondata sul diritto di ricevere o rifiutare determinati trattamenti sanitari, anche qualora questi trattamenti si rivelassero indispensabili per la sopravvivenza. Con l’eutanasia invece, senza qui entrare nel merito delle ulteriori distinzioni tra eutanasia attiva e passiva, si richiede a un soggetto, normalmente un medico, la prescrizione di una sostanza letale che, se somministrata al richiedente, ne provoca la morte e che, quindi, non può essere in alcun modo paragonata a un trattamento sanitario.

Su quali fondamenti normativi si basa la direttiva anticipata di trattamento?

La Cassazione, in base alla normativa nazionale e sovranazionale, ha sviluppato questo ragionamento: nessuno può essere sottoposto a cura se non presta il suo consenso. Vivere non è obbligatorio. Le cure possono essere accettate ma possono essere anche rifiutate. In particolare la Cassazione, che è il nostro giudice supremo, afferma espressamente: “Il consenso informato costituisce, di norma, legittimazione e fondamento del trattamento sanitario. Senza il consenso informato l’intervento del medico è sicuramente illecito, anche quando è nell’interesse del paziente; la pratica del consenso libero e informato rappresenta una forma di rispetto per la libertà dell’individuo e un mezzo per la realizzazione dei suoi migliori interessi” (sentenza 21748/2007). In altre parole, sul paziente in grado di esprimere il consenso o il dissenso informato, perché capace di intendere e volere,  non è possibile praticare alcun trattamento sanitario contro la sua volontà.

Ma se nel momento in cui dovrebbe esprimere il consenso informato il paziente è incosciente cosa accade?

La risposta ci viene sempre dalla citata sentenza della Cassazione. Questa analizza anche il caso di chi, non più in grado di esprimere la propria volontà a causa di una totale incapacità, non aveva indicato – nel pieno possesso delle sue facoltà mentali – quali terapie avrebbe desiderato ricevere e quali invece avrebbe rifiutato, se si fosse trovato in uno stato di incoscienza. In questo caso specifico la sentenza afferma che è il suo rappresentante (tutore o amministratore di sostegno) a provvedere all’espressione del consenso informato, seguendo le istruzioni precedentemente fornite o ricostruendo la presunta volontà del paziente incosciente. Tale ricostruzione deve tener conto dei desideri da lui espressi prima della perdita di coscienza, considerando la sua personalità, il suo stile di vita, i suoi valori e le sue convinzioni etiche, religiose, culturali, filosofiche.

Senza una legge sul fine vita questa dichiarazione anticipata di trattamento si può validamente esprimere?

 Sì. Nel Codice Civile c’è l’istituto dell’amministrazione di sostegno, introdotto dalla legge 9 gennaio 2004, n. 6. Si tratta di un istituto di protezione dei soggetti deboli. Un istituto snello, agevole, che garantisce molti diritti e facoltà. L’amministratore di sostegno può essere nominato dal giudice tutelare per la persona non più capace di intendere e di volere (o soggetta a tipi di limitazione fisica o psichica, tali da rendere necessario un suo affiancamento). Non tutti sanno, però, che l’articolo 408 del Codice Civile permette a chiunque, e in qualunque momento della sua vita, di indicare e scegliere una persona come suo amministratore di sostegno, nel caso di una futura menomazione fisica o psichica. Tale norma è stata ulteriormente elaborata da un gruppo di magistrati e avvocati dell’Emilia-Romagna. Questo gruppo ha pensato di estendere la norma di modo che a tale persona si possano dare indicazioni sulle cure da adottare, sul fine vita e sull’amministrazione dei propri beni.

Ma allora, secondo lei, c’è bisogno di una legge sul fine vita?

L’unica ragione per la quale io riterrei utile una legge sul fine vita è la seguente: chiarire una volta per tutte che la dichiarazione anticipata di trattamento si può fare attraverso la designazione preventiva di un amministratore di sostegno. Ciò per evitare che le indicazioni, precedentemente espresse nella dichiarazione anticipata di trattamento, vengano messe in discussione da qualche magistrato, quando non si è più in grado di intendere e di volere.

Le faccio una domanda un po’ tecnica. Nei progetti di legge sino ad oggi presentati – poi in gran parte riuniti nel testo unificato di discussione – quali sono secondo lei i problemi?

I progetti pendenti nella XVII legislatura, iniziata il 15 marzo 2013, sono almeno nove. I temi e i problemi evidenziati possono così riassumersi:

CONSENSO INFORMATO: evidentemente nella prassi medica il vero consenso informato non è affatto praticato dato che moltissimi progetti di legge si dilungano nella dettagliata previsione del consenso informato e nella modalità di raccolta.
MODALITA’ DELLA DICHIARAZIONE ANTICIPATA DI TRATTAMENTO: è un tema che torna in modo più o meno dettagliato in tutti i progetti con la previsione che la dichiarazione anticipata di trattamento vada effettuata o in via estremamente ufficiale o in via orale e confermata da testimoni.
AMPIEZZA DELLA DAT: la questione è se con la direttiva anticipata di trattamento ci si possa o meno spingere sino a chiedere l’eutanasia attiva o passiva e si possa rifiutare l’alimentazione e l’idratazione forzata.
CONSERVAZIONE DELLA DAT: altro problema sul quale i progetti di legge si dilungano è la conservazione della direttiva anticipata di trattamento con soluzioni varie che vanno dalla conservazione informale, all’allegazione alla cartella clinica, alla conservazione in un registro nazionale informatico.
DURATA DELLA DAT: altro tema è l’efficacia nel tempo della direttiva anticipata di trattamento, e quindi l’attualità del consenso informato prestato oggi per il futuro.
EFFICACIA DELLA DAT: c’è poi la questione di quanto la direttiva anticipata di trattamento vincoli i medici e il personale sanitario, e le connesse responsabilità in caso di mancato rispetto della volontà espressa dal paziente nella DAT.
NOMINA DEL FIDUCIARIO: che è il soggetto a cui il paziente conferisce il compito di esprimere il proprio consenso informato. Su questo occorre sottolineare che nessun progetto di legge si preoccupa di regolamentare il rapporto tra il fiduciario e l’amministratore di sostegno o il tutore.
Molti progetti pendenti si occupano del tema delle CONTROVERSIE TRA IL PAZIENTE E/O IL FIDUCIARIO E IL MEDICO SUI TRATTAMENTI DA PRATICARE O DA NON PRATICARE, prevedendo le soluzioni più fantasiose, dall’istituzione di un comitato etico per ogni struttura di ricovero al ricorso al Giudice tutelare con o senza preventiva segnalazione al Pubblico Ministero.
Un elemento che anche nei progetti di legge crea evidenti problemi è la REGOLAMENTAZIONE DELL’EMERGENZA: quando il paziente è in fase acuta e non in grado di esprimere il proprio consenso informato cosa fa il medico?
Infine ci sono molti progetti che si dilungano sul tema della RESPONSABILITA’ MEDICA, soprattutto in caso di eutanasia.

Quali sono secondo lei le difficoltà ad arrivare a un testo condiviso dai due rami del Parlamento e da tutte le forze politiche che ivi siedono?

Mi pare che le aporie dei progetti di legge, che ho esaminato, siano almeno tre:

  • Un’evidente difficoltà di dialogo in Parlamento – e forse anche al suo esterno – tra medici e giuristi. I vari progetti di legge sembrano scritti, infatti, o dagli uni o dagli altri senza che si sia arrivati a un accordo comune.
  • Il rischio di non coprire tutte le possibili evenienze nei contenuti delle direttive anticipate di trattamento, a causa di un numero eccessivo di norme.
  • Alcune difficoltà riguardanti i rapporti familiari, tema che conosco molto bene, in quanto avvocato familiarista quotidianamente impegnato nelle conflittualità familiari. In vari progetti di legge, infatti, si invocano condivisioni delle decisioni sanitarie con familiari di vario tipo, senza tenere conto che a volte le famiglie sono un groviglio di conflitti. Ci sono invidie e rancori tra famiglie legittime successive nel tempo o tra famiglie nate da convivenze, le quali oggi hanno un rilievo giuridico pregnante. Ci sono, al contrario, casi in cui le persone sono completamente sole o in balia di personale prezzolato e di lontanissimi parenti.

In conclusione, alla luce dei progetti di legge che sono pendenti nei due rami del Parlamento, se dovessi essere io a decidere preferirei che nessuno fosse trasformato in legge. Le persone che lo desiderano dovrebbero poter continuare a formulare le loro direttive di fine vita nell’atto di designazione preventiva di amministratore di sostegno, con le modalità che ho indicato sopra.

Come si comportano gli altri paesi europei in materia  di autodeterminazione individuale alla fine della vita?

Sarebbe lungo – e forse anche noioso per chi ci legge – esaminare la scelte dei vari paesi europei, la maggior parte dei quali si è già dotata di leggi sul fine vita. Mi piace, però, richiamare il caso della Spagna, dove una legge sul fine vita c’è da tempo e dove le dichiarazioni anticipate di trattamento, previste dall’articolo 11, sono state pochissime. L’inclusione delle direttive anticipate ha generato, in alcuni settori sociali, un grande entusiasmo. Ma a tale entusiasmo non è poi corrisposto un equivalente utilizzo di questo strumento nella pratica. Dai dati forniti dalle Comunità Autonome, infatti, emerge che il numero di documenti concessi e registrati è inferiore all’1% della popolazione. È opportuno sottolineare che la categoria di persone che maggiormente ha fatto ricorso all’istituto delle direttive anticipate di trattamento è quella delle donne, in una fascia di età compresa fra i 45 e i 60-65 anni. Questo dato mi ha fatto riflettere: fare delle scelte sul proprio fine vita vuol dire assumersi la responsabilità di se stessi, per se stessi e per i propri familiari. E, in effetti, questo è un compito che le donne sanno fare da sempre e fanno anche molto bene.

https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2017/02/Depositphotos_7313855_s-2015-e1487539008841.jpg 265 350 sipuodiremorte https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2024/05/93409bba-2fe8-4231-86b3-36648bff989e.png sipuodiremorte2017-02-20 10:08:062017-02-20 10:18:43A che punto siamo con le DAT? Intervista all’avv. Giulia Facchini Martini

L’Alzheimer e le Direttive Anticipate di Trattamento, di Marina Sozzi

29 Settembre 2016/9 Commenti/in Vecchiaia/da sipuodiremorte

imagesL’Alzheimer e le altre forme di demenza senili sono tra le patologie che pongono più problemi di ordine etico, per via della perdita della competenza cognitiva da parte dei pazienti, e della lunga durata della malattia stessa (da tre a dieci anni circa). Oggi, con l’impennata epidemiologica di questa malattia (malattia del benessere per eccellenza, legata com’è all’allungamento dell’aspettativa di vita, oltre che a numerosi fattori relativi agli stili di vita e all’ambiente), non ci si può più esimere dal rifletterci: cosa vogliamo che accada di noi qualora dovessimo perdere le competenze cognitive, alterare i nostri comportamenti consueti, perdere la memoria e il senso dell’orientamento spaziale e temporale? Non dovessimo più riconoscere i nostri cari, saper gestire le nostre quotidiane incombenze?

E’ il tipico caso in cui aver dato direttive anticipate di trattamento può essere dirimente, per sé e per i propri familiari: non si tratta di un incidente stradale o di un’emergenza, casi in cui i rianimatori agiscono d’ufficio (per così dire), senza avere il tempo di informarsi su ciò che avrebbe desiderato il paziente, e spesso senza poter esattamente prevedere gli esiti del loro intervento sanitario, né nel bene, né nel male.

Si tratta, invece, di una patologia che procede lentamente, erodendo poco per volta la consapevolezza e le abilità, ma lasciando intatta la percezione delle emozioni, con tutto il disorientamento, la sofferenza, la depressione, la paura, che possono insorgere sentendosi venir meno le consuete competenze mentali.

Nella demenza e nell’Alzheimer siamo costretti ad affidarci completamente ad altri, a dipendere dal loro affetto e dalle loro cure, dalla loro capacità empatica nel comprendere i nostri bisogni, poiché non sappiamo più a esprimerci verbalmente e razionalmente. Non è facile rappresentarsi cosa vorremmo in una situazione del genere, ma se riusciamo ad andare oltre alle resistenze interiori, per immaginarci malati, potremo comprendere il valore della comunicazione familiare e amicale su temi come questi. E anche il valore che potrebbero avere le Dichiarazioni Anticipate, stilate in collaborazione con il proprio medico di medicina generale (deputato a tirare le fila della nostra salute) e condivise con la famiglia. Questa sarebbe infatti, secondo me, la modalità migliore e più saggia per raccogliere il testamento biologico, l’unica davvero efficace. Promosse e raccolte in tal modo, le DAT potrebbero anche servire a far maturare una nuova generazione di medici di base, capaci di fare davvero il mestiere che oggi, nel nuovo sviluppo della biomedicina, è pensato come loro proprio: ricomporre i vari specialismi, restando aderenti al proprio paziente, che è persona e non insieme di organi funzionanti o da riparare. Persona con desideri, progetti, paure e limiti.

Personalmente, se mi dovessi ammalare di demenza, vorrei rifiutare le cure (anche quelle salvavita) per ogni altra patologia dovesse insorgere, più o meno annessa e connessa, e essere accompagnata da cure palliative. Ho provato a chiedermi come mai desidero questo, e la domanda è servita anche a chiarirmi il valore fondante che attribuisco alla mia vita: la crescita personale, l’arricchimento dell’esperienza e dell’eticità, della saggezza e del sapere. In mancanza della possibilità di sviluppare la mia vita in questa direzione, l’esistenza perderebbe per me il suo fascino. Ma, attenzione, questi sono i valori fondanti per me, e sarebbe impensabile volerli estendere a chiunque altro, che può trovare la propria gratificazione in aspetti completamente diversi della vita.

In questo senso, quindi, credo che riflettere sull’Alzheimer possa aiutare ciascuno a comprendere quali siano le condizioni compatibili con l’attribuzione di senso alla propria esistenza: condizioni, peraltro, che dobbiamo immaginare come interiormente negoziabili, non date una volta per tutte: perché questo è l’umano, complesso, sfaccettato, mutevole. Per questo occorre che le DAT siano un discorso aperto con un interlocutore, facilmente modificabili, aggiustabili, come e più di un documento testamentario notarile.

Parlarne con il proprio medico, inoltre, può aiutare lui a capire chi siamo, e quindi a consigliarci nel modo migliore sulle scelte riguardanti la nostra salute: scelte che non sono sempre necessariamente morire o vivere, ma operarsi o no in certe circostanze, fare o no una terapia oncologica invasiva, magari “cautelativa”, e moltissime altre. Credo sia bene riflettere su un fatto, che dovrebbe essere l’unico assioma della laicità, quella vera e profonda, praticabile da credenti e non, religiosi e non: non esistono modelli esistenziali assoluti, e quindi non esistono scelte etiche universalmente valide.

Cosa ne pensate? Vedete il rapporto tra “epidemia” di Alzheimer (un milione e duecentomila persone in Italia) e l’esigenza di lasciare Dichiarazioni Anticipate di Trattamento? Siete d’accordo che a raccogliere le DAT siano i medici di medicina generale?

 

 

 

https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2016/09/Fotolia_114699119_S-e1475136826598.jpg 265 350 sipuodiremorte https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2024/05/93409bba-2fe8-4231-86b3-36648bff989e.png sipuodiremorte2016-09-29 10:15:342018-10-23 18:42:14L’Alzheimer e le Direttive Anticipate di Trattamento, di Marina Sozzi

A chi affidare il compito di decidere sulla mia vita?

17 Dicembre 2014/15 Commenti/in La fine della vita/da sipuodiremorte

Ricevo dalla dottoressa Silvia Francone e pubblico con piacere.

Se un giorno mi trovassi nella condizione di non poter comprendere ciò che mi viene chiesto né di esprimermi, e la mia vita fosse in pericolo, a chi vorrei fosse affidato il compito di decidere per me?
Al fine di comprendere le opinioni dei cittadini in merito al testamento biologico, o Dichiarazioni Anticipate di Trattamento (DAT), ho organizzato una conferenza pubblica in un piccolo paese piemontese, e chiesto ai partecipanti di compilare un questionario. Fra i dati raccolti uno in particolare mi ha stupita e interrogata.
Alla domanda “Se le decisioni del medico contrastano con le DAT chi deve decidere?”, 31 persone, fra le 60 che hanno risposto al questionario, ritengono che si debba sempre rispettare la volontà del paziente; 14 affermano che quest’ultima debba essere rispettata solo se non vi è rischio per la vita, 7 optano per il fiduciario (persona designata da chi ha depositato il Testamento Biologico per decidere in sua vece), 4 apprezzerebbero di avere il pronunciamento di un comitato etico, 2 dichiarano di non sapere, una non risponde e una sola persona (su sessanta) desidererebbe che fossero i suoi familiari a decidere.

Al di là delle considerazioni sociologiche sull’emergere, anche nel nostro contesto sociale, di posizioni estremamente individualistiche sulle scelte di fine vita, pensiamo a quanto vengano normalmente tenuti in considerazioni, in momenti estremi, i pareri dei familiari. I risultati di questa (sia pur limitata) indagine ci invita invece, come operatori sanitari, alla prudenza. Il quesito ci interroga sulla natura delle nostre relazioni, sulla loro qualità e autenticità, per svelarci che non sempre vicinanza è sinonimo di conoscenza vera. Qual è la persona che conosce profondamente il significato che noi attribuiamo a “Vita, Qualità di Vita, Vita dignitosa”? Chi metterebbe il mio bene al primo posto, anche a scapito del suo? Chi deciderebbe di non accanirsi scegliendo la mia morte, e il vuoto che ne deriverebbe, piuttosto che preferire una presenza non presente ma pur sempre, e ancora, qui?

Invito i lettori di questo blog ad aiutarmi a continuare la mia ricerca. Come rispondereste alla domanda che apre questo post? A chi affidereste la decisione?

https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2014/12/Fotolia_69101183_XS.png 262 350 sipuodiremorte https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2024/05/93409bba-2fe8-4231-86b3-36648bff989e.png sipuodiremorte2014-12-17 10:39:492014-12-17 10:39:49A chi affidare il compito di decidere sulla mia vita?

Dichiarazioni anticipate di trattamento?

3 Ottobre 2012/8 Commenti/in La fine della vita/da sipuodiremorte

Ieri pomeriggio è ripresa in Commissione Sanità del Senato la discussione sul testamento  biologico, o legge sulle “Dichiarazioni anticipate di trattamento”. Cosa sono le dichiarazioni anticipate, o living will?

E’ la possibilità data a un cittadino, cosciente e eventualmente in buona salute, di esprimere la propria volontà  sui trattamenti che desidera ricevere nel caso in cui non dovesse avere, in un ipotetico futuro, la capacità di decidere. Ad esempio, la volontà di ciascuno di noi potrebbe essere: non voglio in alcun caso essere tracheostomizzato, o non voglio vivere in stato vegetativo, o ancora: non datemi gli antibiotici se prendo una polmonite con una sindrome di Alzheimer conclamata.

Oh finalmente! penseranno molti lettori, forse ora potremo lasciare le nostre volontà, riflettere liberamente sul senso della nostra vita, e sul valore che le diamo in determinate circostanze.

Ebbene, no! Il testo (DDL 10), concepito nel 2009 per fermare Englaro, obbliga al contrario il cittadino a subire i trattamenti di respirazione, nutrizione, idratazione artificiali anche qualora abbia espresso volontà diversa o opposta.

Credo che l’Italia sia l’unico paese al mondo capace di fare una legge sulle “dichiarazioni anticipate di trattamento” che, invece di ampliare l’ambito dei diritti, di fatto annulli la possibilità del cittadino di esprimere una volontà. Paradossale, non solo dal punto di vista logico, ma anche etico.

Perché, ancora una volta, siamo di fronte a una strumentalizzazione del dolore di esseri umani al fine di stringere alleanze politiche, dimostrare sudditanza nei confronti del Vaticano, o semplicemente salvare la poltrona.

Ma non è questo il momento per legiferare su temi delicati come questi. Le leggi che coinvolgono l’ambito della sofferenza non dovrebbero forse essere discusse in tempi sereni, nella maggiore concordia possibile, senza intransigenza e fanatismo, senza pretendere di imporre a tutti la concezione del dolore, della vita e della morte propria solo di qualcuno?

https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2012/10/testamento-biologico-blog4.png 262 347 sipuodiremorte https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2024/05/93409bba-2fe8-4231-86b3-36648bff989e.png sipuodiremorte2012-10-03 09:51:382012-10-03 17:02:33Dichiarazioni anticipate di trattamento?

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https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2025/05/clessidra.jpg 265 350 sipuodiremorte https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2024/05/93409bba-2fe8-4231-86b3-36648bff989e.png sipuodiremorte2025-05-16 10:59:552025-05-16 10:59:55Abbiamo bisogno di una pedagogia della morte? di Marina Sozzi
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https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2025/04/kisa.jpg 265 350 sipuodiremorte https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2024/05/93409bba-2fe8-4231-86b3-36648bff989e.png sipuodiremorte2025-04-18 10:11:012025-04-18 10:15:55La morte nel Buddhismo e la spiritualità nei contesti ospedalieri, di Cristina Vargas
https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2025/03/Carl_Wilhelm_Huebner_-_The_Mourning_Widow_1852_-_MeisterDrucke-569456-copia.jpg 265 350 sipuodiremorte https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2024/05/93409bba-2fe8-4231-86b3-36648bff989e.png sipuodiremorte2025-04-02 11:17:302025-04-02 11:17:30Il lutto della vedova, ieri e oggi, di Marina Sozzi
https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2025/03/foto-evidenza.jpg 265 350 sipuodiremorte https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2024/05/93409bba-2fe8-4231-86b3-36648bff989e.png sipuodiremorte2025-03-24 09:10:252025-03-24 09:11:32Quando la musica e il canto sono al centro del rito funebre, di Cristina Vargas
https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2025/03/reddit.png 265 349 sipuodiremorte https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2024/05/93409bba-2fe8-4231-86b3-36648bff989e.png sipuodiremorte2025-03-08 09:43:542025-03-07 15:35:21Reddit e le comunità online sul lutto, di Davide Sisto
https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2025/02/toscana.jpg 265 350 sipuodiremorte https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2024/05/93409bba-2fe8-4231-86b3-36648bff989e.png sipuodiremorte2025-02-17 10:55:232025-02-17 10:57:34La legge toscana sul suicidio assistito. Intervista a Francesca Re, di Marina Sozzi
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