Bambini e dolore familiare, di Barbara Capellero
Spesso le famiglie, quando si trovano ad affrontare una malattia, in particolare se cronica, o un lutto, tendono a non coinvolgere i bambini.
Si cerca di proteggerli da situazioni in cui prevalgono sentimenti di tristezza e di dolore, convinti che i bambini non abbiano la capacità di reggere e gestire tali eventi. Purtroppo, però, tenere i bambini lontani da ciò che sta accadendo in famiglia non li salvaguarda dalla sofferenza. Da un lato, sottovalutiamo le potenzialità dei bambini messi di fronte a nuove esperienze e alla verità. Dall’altro lato è utile riflettere sulle nostre paure, preoccupazioni e speranze, che spesso limitano la capacità di noi adulti di far fronte al dolore. Fare finta che non stia accadendo nulla non è mai una buona scelta: crea nei piccoli ansia, preoccupazione e confusione, ed è probabile che si inducano in loro sentimenti di sfiducia e diffidenza nei confronti delle figure di riferimento.
La letteratura dedica troppo poca attenzione alla comprensione degli effetti della malattia e del lutto lungo l’asse dei rapporti intergenerazionali. L’attenzione per la famiglia allargata si è spesso ridotta a uno studio delle prime due generazioni: quella degli anziani e quella dei figli. La generazione dei nipoti o non viene presa in considerazione, oppure viene analizzata attraverso il filtro della generazione di mezzo. Eppure, è noto che la malattia e l’eventuale morte dell’anziano possono avere forti ripercussioni emotive di lunga durata sulla vita delle generazioni più giovani, e non si può dimenticare che il declino e la scomparsa della generazione anziana costituisce spesso la prima e fondamentale occasione di elaborazione del lutto per i nipoti.
In assenza della consapevolezza del dolore e della sua condivisione con persone che esercitano un’efficace funzione consolatoria, non facciamo altro che arrestare nei bambini la capacità di processare la perdita e di gestire ed elaborare i sentimenti negativi.
E’ quindi fondamentale parlare con i bambini anche delle emozioni negative legate alla malattia e al lutto, per evitare che ci siano “vissuti inaccettabili” e indicibili che devono essere nascosti. I “segreti” impossibili da condividere creano nei bambini un’ansia maggiore e un forte senso di isolamento. Affinché cresca un adulto equilibrato, il bambino deve poter esprimere le proprie emozioni e avere la libertà di fare domande inerenti la malattia e la perdita, e ricevendo risposte adeguate alla sua età e alle sue capacità.
L’importanza della comunicazione rispetto alla malattia o alla perdita non deve, tuttavia, essere confusa con una verità che va detta ad ogni costo nel momento scelto dagli adulti: i bambini potrebbero non desiderare di sapere e capire tutto e subito. E’ importante adeguare il livello e il contenuto della comunicazione alle necessità espresse, in quel determinato momento, dal bambino.
Sono i genitori ad avere un ruolo centrale nel favorire la comunicazione tra i membri della famiglia: per un bambino il modo peggiore di ricevere una notizia o di avere informazioni è intercettarla da scambi di informazioni tra gli adulti che lo circondano (e che lo ignorano). Le figure di riferimento, meglio di chiunque altro, possono e devono dare attenzione ai bisogni dei bambini individuando gli spazi e i tempi idonei per condividere le emozioni, i sentimenti e per rispondere alle domande.
È importante essere sinceri e avere con i figli una comunicazione “aperta”, usando denominazioni appropriate, per evitare che i bambini si diano da soli delle risposte che possono, ad esempio, far nascere sensi di colpa o di abbandono.
I genitori quindi possono far sì che, anche in situazioni difficili, in cui prevale il dolore, i bambini possano avere comprensione, si sentano legittimati nell’espressione dei propri sentimenti e vissuti e vivano in un ambiente dove è possibile la condivisione emotiva.
Gli adulti sani sono bambini che hanno avuto la consapevolezza che il dolore è esprimibile e mostrabile, che non sono stati soli a provare sofferenza e tristezza, e che è possibile supportarsi e sostenersi reciprocamente.