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Soli ma insieme: come aiutare bambini e adolescenti in lutto, di Davide Sisto

28 Luglio 2016/1 Commento/in Aiuto al lutto/da sipuodiremorte

Chico triste y pensativoOggi vi raccontiamo il sito web “Soli ma insieme.Un sito per bambini e ragazzi in lutto” ( http://solimainsieme.it/), nato dalla collaborazione tra due enti non profit, FILE (http://www.leniterapia.it/) e Gruppo Eventi (http://www.gruppoeventi.it/). Si tratta di uno dei primi siti web italiani dedicati a bambini e adolescenti in lutto e, di conseguenza, agli adulti – familiari e insegnanti – che li seguono in questo momento delicato della loro vita. L’idea a fondamento del sito è estendere anche alla Rete il lavoro che le due organizzazioni svolgono quotidianamente con i gruppi di Auto Mutuo Aiuto per le persone in lutto. Ne parliamo con la responsabile, Livia Crozzoli Aite.

Il sito internet è diviso principalmente in due sezioni, una dedicata ai bambini e una agli adolescenti. Quali sono le domande più frequenti dei bambini in lutto? Quali invece degli adolescenti in lutto? Come cambia la percezione della morte tra l’età infantile e quella adolescenziale?

I bambini, fin da piccoli, risentono profondamente dell’assenza della persona cara, anche se non sanno esprimere a parole le emozioni e i sentimenti che provano, né conoscono inizialmente il significato della parola “morte”. Man mano che cominciano a comprenderne il significato, in seguito alle proprie osservazioni interiori e alle sollecitazioni esterne, pensano che la persona morta possa magicamente tornare a vivere e domandano: “quando tornerà?”. Con il passare del tempo, si meravigliano pertanto che non torni: “la nonna è ancora morta?”, per citare il titolo di un libro di Alba Marcoli. Crescendo, i bambini capiscono il carattere definitivo dell’assenza e pongono domande molto semplici riguardanti sia la persona defunta (“dov’è?”, “dove dorme?”, “cosa mangia?”, “mi vede?”) sia se stessi e le proprie emozioni (“mi manca tanto, come farò senza?”, “non la vedrò più?”, “che ne sarà di me?”). Con la maturazione intellettiva e con una acquisita capacità di introspezione, formulano infine domande e osservazioni sempre più mature: “perché si muore?”, “tutti muoiono, quindi morirò anch’io?” e via dicendo.
L’adolescente, invece, appropriatosi dei concetti di irreversibilità, cessazione delle funzioni vitali e universalità dell’evento, ha una piena consapevolezza sia dell’inevitabilità della propria morte sia delle ripercussioni che la perdita del familiare avrà sulla sua vita. Come abbiamo scritto nel sito: “Il lutto nell’adolescenza è come una marea: porta con sé onde d’urto emozionali violente e impone un ripensamento di sé, delle relazioni con gli altri, del mondo e del senso della vita”. Ecco alcune delle domande degli adolescenti: “perché proprio a me?”, “quanto durerà questo dolore?”, “come farò senza la sua presenza?”, “perché mi sento così diverso dagli altri?”, “perché vivere se poi si muore?”.

Nelle richieste di aiuto dopo un lutto ci sono delle differenze di genere nei bambini e negli adolescenti?

È una domanda a cui è difficile rispondere. Per ora, nel sito, da poco online, non sono affluite domande dirette che possano chiarire questo aspetto. Ma l’esperienza clinica mi fa dire che i bambini, ma anche gli adolescenti, per motivi diversi non chiedono solitamente aiuto e cercano di evitare il dialogo e il confronto su eventi così dolorosi. Anche se poi emergono comportamenti, malesseri o malattie psicosomatiche che sono da considerarsi come equivalenti del lutto! Per tale ragione, abbiamo inserito nel sito una parte molto ampia dedicata agli adulti – familiari e insegnanti – per renderli consapevoli di ciò, di modo che vi possano porre attenzione.

Mi ha colpito molto la domanda, nella sezione degli adolescenti, se è sbagliato divertirsi o andare alle feste dopo un lutto. Questa domanda mi fa pensare al legame tra il lutto e il senso di colpa. Riguardo a questo legame, c’è una differenza sostanziale tra l’età infantile e l’età adolescenziale?

Provare rimpianti, scrupoli e sensi di colpa è un vissuto comune, sia nei bambini che negli adolescenti. È parte integrante del lutto: c’è timore di aver trascurato e fatto arrabbiare la persona che non c’è più, di averla odiata o di averle augurato la morte in un momento di rabbia. I bambini tendono a concentrarsi maggiormente sugli avvenimenti del passato, mentre gli adolescenti sulle problematiche del presente, dal momento che stanno già vivendo una fase delicata di crescita. In particolare, i più grandi si sentono in colpa per i sentimenti ambivalenti che provano nei confronti di chi non c’è più. A volte, desiderano non farsi troppo coinvolgere dal dolore che segna la famiglia, di modo da poter riprendere una vita normale con i coetanei e non sentirsi troppo diversi e in difficoltà. È bene aiutare i bambini a esprimere i loro vissuti, a rassicurarli e a far loro sperimentare momenti piacevoli di distrazione e divertimento, spiegandogli che la vita deve riprendere il suo corso. Sono in genere i grandi che organizzano le attività che alleggeriscono il peso della perdita e del dolore della famiglia in lutto, mentre dagli adolescenti ci si aspetta che trovino in se stessi l’energia per ricominciare a vivere.
Bambini e ragazzi, anche se vivono situazioni piacevoli di divertimento e di allargamento dei propri confini, non dimenticano chi non c’è più: il dolore della perdita e dell’assenza resta profondamente radicato dentro di loro, anche se non ne parlano e non lo danno a vedere.

Come ci si comporta con i bambini e i ragazzi in relazione al suicidio di un parente o di un amico?

Comunicare a un bambino e a un ragazzo che una persona della famiglia si è tolta la vita è una delle situazioni più difficili e delicate da affrontare, anche perché in famiglia tutti sono sconvolti e disorientati, impegnati in molteplici aspetti pratici e legali, nonché molto incerti se rivelare o meno la verità. In genere si tende a non darne notizia, rimandando il discorso soprattutto con i bambini. Si desidera, infatti, proteggerli e si teme di spaventarli e di provocare dolore, dal momento che il suicidio, per una molteplicità di motivi (soprattutto la vergogna sociale), è difficile da sopportare e comprendere anche in età adulta. In realtà, se ne dovrebbe parlare in maniera semplice e comprensibile, cercando una situazione di vicinanza affettiva, procedendo a tappe e rimanendo attenti e disponibili, in ascolto delle domande, delle osservazioni e delle reazioni che accompagnano il dialogo sia con il bambino sia con l’adolescente, che su questo tema è molto sensibile. È meglio che il bambino e il ragazzo apprendano la verità da una persona cara piuttosto che da un estraneo, magari per strada o nel cortile della scuola, luoghi nei quali può accadere che la verità sia detta senza cautela.

Il ricordo della persona morta. Come cambia l’esperienza del ricordo tra l’età infantile e quella adolescenziale?

I bambini piccoli hanno sicuramente meno ricordi rispetto agli adolescenti. Ma gli adulti, nominando la persona amata scomparsa e rievocando le esperienze vissute insieme, tengono vivo il ricordo e la “presenza” di chi non c’è più. La memoria della vita vissuta insieme è un aspetto importante che aiuta il processo di elaborazione del dolore e del lutto. Per questo motivo, nel sito si invitano i bambini a raccogliere e conservare oggetti significativi (biglietti d’auguri, foto, regali fatti e ricevuti, ecc.) a disegnare e descrivere i momenti vissuti insieme (nel gioco, in vacanza, al cinema, in moto, allo stadio, ecc.) e a fare una descrizione della persona, di modo che rimanga nel tempo, a livello interiore ed emotivo, il suo ricordo.
Gli adolescenti, invece, avendo avuto un’esperienza di contatto più lunga con chi è mancato, dispongono di maggiori strumenti personali e di maggiori possibilità per ricordare le esperienze condivise, i momenti piacevoli, dolorosi e difficili. Anche se, per l’età che stanno vivendo, sono interessati maggiormente a impegnarsi nelle proprie esperienze di vita. Certamente, col passare del tempo alcuni ricordi si affievoliscono e mutano; rimane l’essenza della relazione, in quanto la raffigurazione interiore della persona, a cui si era legati affettivamente, dura tutta la vita.

Quali sono le difficoltà maggiori degli adulti, in una società come la nostra in cui si fa fatica a parlare della morte, nei confronti delle domande dei bambini riguardo alla morte e alla perdita di un proprio parente o di un proprio amico? Quali consigli si possono dare agli adulti?

Gli adulti, essendo per primi impreparati a reggere l’impatto della morte, credono che non si debba condividere con i bambini il dolore per la perdita di un familiare. Pensano che siano troppo piccoli per capire o troppo impressionabili e fragili per reggere l’evento; temono, inoltre, le loro reazioni e pensano di non saperle gestire o di commettere errori o addirittura di danneggiarli provocando ulteriori sofferenze. Ma i bambini non vanno lasciati soli: meglio il pianto, il dolore e gli affetti condivisi che l’esclusione o il silenzio. Infatti, il silenzio degli adulti non protegge dalla sofferenza e non preserva dalla paura e dallo smarrimento, né fa diventare i bambini più maturi. Se il bambino partecipa agli eventi e viene informato in modo semplice e realistico, in linea con la sua età e con la sua capacità di comprensione, facendo sì che comunichi i suoi sentimenti e interrogativi all’interno di un rapporto di fiducia e di dialogo, egli avrà maggiori strumenti per esprimere e interpretare le emozioni e i sentimenti, propri e altrui.
L’adulto in grado di dare ascolto al bambino, di creare un contatto fisico e caloroso, di rassicurarlo e incoraggiarlo a esprimere i propri sentimenti offre la possibilità di ricordare la persona morta e di interiorizzare l’esperienza psichica della protezione ricevuta.

Molto interessante è il blog interno “La piazzetta”, dedicato ai ragazzi in lutto. Penso sia molto terapeutico per un adolescente scrivere del proprio dolore per la morte di una persona cara e quindi condividerlo con gli altri. Soprattutto, tenendo conto di come generalmente sia ritenuto sconveniente farsi vedere fragili dai propri coetanei. Cosa puoi dirmi a riguardo?

Il blog è il nostro tentativo di offrire agli adolescenti uno spazio moderato, ma non facilitato, in cui possano comunicare e interagire con altri coetanei oppure, semplicemente, dare libero sfogo a ciò che può risultare difficile esprimere in altri contesti. È necessario iscriversi per poter inserire un post, poi però il ragazzo può anche partecipare in forma anonima, se preferisce. Tutta la sezione destinata ai ragazzi tiene conto di quanto sia difficile per gli adolescenti esporsi in prima persona: é per questo che abbiamo inserito moltissime testimonianze, con lo scopo di non far sentire il singolo ragazzo solo e unico nella dura esperienza della morte di una persona cara.

https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2016/07/Fotolia_99782618_XS-1-e1469651447939.jpg 265 349 sipuodiremorte https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2024/05/93409bba-2fe8-4231-86b3-36648bff989e.png sipuodiremorte2016-07-28 09:18:462016-07-28 09:18:46Soli ma insieme: come aiutare bambini e adolescenti in lutto, di Davide Sisto

Quando il lutto non vuole finire…

19 Dicembre 2012/350 Commenti/in Aiuto al lutto/da sipuodiremorte

Spesso chi vive un lutto si chiede se sia “normale” stare male a lungo. A volte la morte di una persona cara è devastante, e ritrovare l’amore per la vita pare un’impresa impossibile. Forse però dobbiamo smettere di pensare con ansia a quanto tempo è passato, per riflettere sulle modalità del nostro lutto.
Uno psicologo americano, George Bonanno, esemplifica la difficoltà a superare il lutto attraverso la storia di Rachel e Franck, coppia sposata da 40 anni e senza figli, molto amici, che passavano la maggior parte del tempo libero insieme. Franck muore improvvisamente al lavoro, di un attacco cardiaco. Per settimane Rachel non riesce a mangiare nulla, piange per ore, non dorme, dimagrisce, diventa pallida e con gli occhi cerchiati, non torna al lavoro per molti mesi dopo la morte del marito. Rientrata in ufficio, resta incapace di concentrarsi, e il suo capo le consiglia di prendersi ancora un po’ di tempo: lei resta a casa a piangere, spesso a letto, e un anno dopo nulla è cambiato.
Occorre intanto sapere che un’esperienza come quella di Rachel capita a circa il 15% di chi è in lutto, nella nostra cultura: un gran numero di persone, se si considera che tutti noi dobbiamo confrontarci con il lutto.
Essere tristi è non solo normale, ma anche positivo dopo una perdita grave: coloro a cui siamo cari sentono maggiormente il bisogno di starci vicino. L’eccessiva e troppo prolungata tristezza, però, diventa perniciosa e disfunzionale, ed è bene che sia un campanello d’allarme per chi la prova. Sembra che molte persone con un lutto prolungato perdano, nei primi tempi dopo la perdita, il senso della propria identità. Chi sono io, se non sono più la moglie di Franck? si chiedeva Rachel. Molti pensano che tutto sia perduto, che nulla abbia più senso per loro, indipendentemente dagli interessi coltivati prima.
Che cosa fa sì che gli individui vivano un tale senso di vuoto e dolore? Qualche risposta comincia a emergere: ad esempio, le persone con lutto prolungato generalmente sono dominate dallo struggimento per l’essere amato, non vogliono altro se non riaverlo. E’ una reazione alla perdita diversa dalla depressione, che generalmente non ha oggetto. Sono persone inconfortabili: chi è morto non può tornare. Inoltre, non desiderano la vicinanza di nessuno. Il loro pensiero torna sempre e solo al congiunto scomparso, e il dolore si approfondisce. Una delle cause del lutto prolungato è, dice Bonanno, la dipendenza, soprattutto emotiva: l’idea di non poter fare a meno dell’altro e la paura della separazione.
Anche i ricordi non sono consolanti ma minacciosi e volti ad accrescere la sofferenza. Ci si volta spesso indietro, con senso di colpa, e si rimpiange di non essersi comportati in modo diverso in alcune situazioni (Rachel rimpiange di non aver avuto figli con il marito, e arriva a immaginare che il marito sia morto per il dolore della mancata paternità). L’enorme solitudine di chi si trova prigioniero di un lutto senza uscita è difficile da comprendere e tollerare dagli altri, famiglia o amici, che vorrebbero aiutare il dolente a recuperare una vita piena, ma che sono sovente respinti e frustrati. Spesso così essi cominciano ad allontanarsi, inasprendo il senso di solitudine.
Se intravvedete nel vostro lutto (o in quello di vostri amici e conoscenti) questi tratti, e se sono passati più di sei mesi dalla morte, chiedete aiuto. Potrebbe esservi utile una terapia psicologica, ma non necessariamente. Domandate se esistono gruppi di auto mutuo aiuto nella zona in cui vivete, consultate il vostro medico di famiglia, se avete fiducia in lui. Aiutarvi è possibile! ps. date un’occhiata a www.gruppoeventi.it

https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2012/12/lutto-cronico.png 262 350 sipuodiremorte https://www.sipuodiremorte.it/wp-content/uploads/2024/05/93409bba-2fe8-4231-86b3-36648bff989e.png sipuodiremorte2012-12-19 19:42:182012-12-19 19:42:19Quando il lutto non vuole finire…

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