Mai più un caso Loris Bertocco. I problemi del caregiver familiare, di Giovanni Sanvitale e Davide Sisto
Non ci sono feste natalizie per chi ha un parente disabile, bisognoso di assistenza e cura 24 ore su 24. Oltre alla lacerante sofferenza emotiva che questa situazione genera, vi sono all’interno della nostra società carenze di natura pratica ed economica talmente evidenti, nonché ingigantite da una burocrazia tristemente kafkiana, da far sentire tanto il disabile quanto il caregiver familiare isolati e abbandonati al loro destino.
Le storie che si ascoltano dalla bocca dei protagonisti fanno sorgere un forte senso di indignazione. Forse perché un parente non autosufficiente, a causa di una disabilità, di una demenza o di altra patologia, acuisce l’evidenza della diseguaglianza sociale che segna lo spazio pubblico in cui viviamo: gli assegni di accompagnamento e le pensioni di invalidità sono generalmente così modeste, inadatte anche solo a coprire le spese relative allo stipendio e ai contributi fiscali di un badante, da far pensare a quanto fosse “fortunato” il protagonista parigino del film “Quasi amici”. La sua invalidante disabilità poteva almeno essere compensata da una condizione sociale agiata, che gli garantiva tutte quelle cure di cui troppo spesso lo Stato non si fa carico.
Il recente caso di Loris Bertocco è particolarmente emblematico. A partire da un incidente stradale nel 1977 Loris è rimasto paralizzato; contemporaneamente, si è aggravata una malattia alla vista, che aveva da quando era ragazzo, portandolo alla cecità assoluta. La disabilità ha segnato gli ultimi suoi quarant’anni di esistenza, condizionando la sua vita sentimentale e lavorativa.
Lo scarso supporto statale nel garantire le cure e le attività di riabilitazione lo hanno spinto a ricorrere al suicidio assistito in Svizzera (qui potete leggere la lettera in cui spiega la sua scelta).
Al caso Bertocco, che ha portato i media ad aprire – tardivamente – un dibattito sull’assistenza alla disabilità, è seguito il varo del Fondo per il sostegno dei “caragiver familiari” da parte della commissione Bilancio del Senato con un emendamento, a prima firma Laura Bignami ma sottoscritto da centinaia di senatori, che stanzia 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020 per “la copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale del caregiver familiare”. Come riportato da La Repubblica, in data 27 novembre 2017, il sostegno sarà destinato “alla persona che assiste e si prende cura del coniuge, di una delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, o di familiare fino al terzo grado che non si autosufficiente, sia ritenuto invalido o sia titolare di indennità di accompagnamento”.
Nei giorni successivi all’emendamento hanno cominciato a prendere forma alcune regole: innanzitutto, l’estensione della definizione di “caregiver familiare” (tradotta in italiano con “prestatori volontari di cura”) ai nipoti che si prendono cura dei nonni riconosciuti come invalidi civili. Secondo quanto emerge, dovranno assisterli per almeno 54 ore alla settimana, vigilanza notturna compresa. In secondo luogo, l’obbligo di scegliere tra il ruolo di caregiver e i benefici della legge 104, la quale concede tre giorni di permesso retribuito al mese per assistere un parente disabile.
Purtroppo non è chiaro in che modo verranno usati i 60 milioni di euro stanziati, dal momento che paiono essere una cifra misera per garantire ai caregiver un assegno o i contributi della pensione. Ancor più misera, se si tiene conto dell’estensione del ruolo del caregiver anche ai nipoti del disabile. Questo perché in Italia si calcola che sia circa un milione il numero di persone che assistono a tempo pieno un parente disabile. Inoltre, “essere riconosciuto prestatore volontario di cura farà perdere a tutti gli altri familiari lavoratori la possibilità di utilizzare la legge 104, quella che dà diritto a permessi straordinari dal lavoro”.
Ora, le regole saranno definite da un decreto a cui stanno lavorando i tecnici dei ministri del Lavoro, Giuliano Poletti, e della Salute, Beatrice Lorenzin. Pertanto, non si hanno ancora gli strumenti per una valutazione oggettiva di quanto è stato emendato. Va detto che l’ANFFAS ONLUS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) è scettica nei confronti del testo in discussione al Senato. Ha presentato a sua volta un testo in cui chiede soprattutto che la disabilità sia riconosciuta come un problema sociale e non privato, cui lo Stato deve garantire tutti i servizi e l’assistenza economica opportuni, nonchè estendere il più possibile la figura del caregiver familiare, nell’ottica di proteggere e non abbandonare la persona disabile.
Il problema è particolarmente importante e urgente, anche tenuto conto della crisi economica che stiamo vivendo, della disoccupazione ancora molto elevata nelle singole regioni italiane e della forbice economica che separa le diverse generazioni, da cui segue la prospettiva di un futuro in cui i familiari “giovani” avranno sempre meno strumenti per accudire i propri cari.
Vi chiedo di raccontare la vostra esperienza in merito, o di condividere le vostre riflessioni.
Foto di: Pileggi Donatella