Donare gli organi
Cari amici, vorrei affrontare con voi il tema delle donazioni degli organi.
Oggi, a fronte delle raffinate tecniche che permetterebbero di salvare molte persone in attesa di un organo, vi sono poche donazioni. Qualche tempo fa, un membro dell’Associazione Italiana dei Trapiantati di Fegato, AITF (www.aitfnazionale.it), mi ha detto: “E’ doloroso veder morire persone che hanno tanto atteso inutilmente un organo che potesse salvarle”.
In Italia esiste una legge, la n. 91 del 1999, “Disposizione in materia di prelievi e trapianti di organi e di tessuti”, che prevede un principio di silenzio/assenso (art. 4) in relazione al prelievo, e un’ampia campagna di informazione e sensibilizzazione dei cittadini, fin dalla scuola. Tuttavia, l’articolo 4 non è ancora in vigore, e valgono pertanto le norme “transitorie” (dopo 14 anni!!), secondo le quali il prelievo può avvenire solo nel caso in cui sia presente una esplicita dichiarazione di assenso da parte del potenziale donatore, oppure con il consenso dei congiunti. Per quanto riguarda la promozione culturale della donazione, non si è visto molto, salvo il prezioso lavoro delle associazioni non profit (oltre all’AITF, anche l’AIDO, l’Associazione Italiana Donazione degli Organi, www.aido.it).
Il fatto è che purtroppo, in assenza d’informazione e sensibilizzazione, sovente gli organi vengono negati.
Da un lato, c’è una forte resistenza a pensare, in vita e in salute, alla propria morte, come ben sanno i lettori di questo blog. Non si donano gli organi per la stessa ragione per cui non si fa testamento. E non se ne parla in famiglia, per evitare discorsi ritenuti “sgradevoli”.
Quando poi, in assenza di dichiarazioni del potenziale donatore, si chiede ai parenti, ci si scontra con timori ancora maggiori. Nonostante l’irreversibilità della morte cerebrale, i congiunti faticano a vedere la morte del loro caro cui una macchina tiene il cuore e i polmoni in funzione. Da questo punto di vista, come ha scritto anche Carlo Alberto Defanti nel bellissimo libro Soglie. Medicina e fine della vita, Bollati Boringhieri 2007, sarebbe più corretto (e comprensibile a molti) parlare, invece che di morte cerebrale, dell’inizio di un processo irreversibile di morte, di “punto di non ritorno”, in base al quale il trapianto è lecito. Defanti afferma che questo chiarimento contribuirebbe a “dissipare l’atmosfera di ambiguità che ancora regna in materia nell’opinione pubblica”.
Altre volte, poi, di fronte alla richiesta medica di poter prelevare gli organi di un congiunto, molti hanno la sensazione che si possa trattare di una “profanazione” del corpo. Eppure, anche la religione ebraica, per la quale, come è noto, l’integrità del corpo è essenziale, è favorevole alla donazione degli organi: nella graduatoria delle azioni morali, salvare una vita occupa il primo posto.
Personalmente, ho già provveduto a scrivere un documento, che tengo nel portafoglio, nel quale dichiaro di voler donare i miei organi in caso di morte cerebrale (andate a vedere come si può diventare donatori al link: http://aitfnazionale.it/index.php?i_tree_id=11).
Voi l’avete fatto? Lo farete? Ci avevate mai pensato?